LA DISPERSIONE IN ATMOSFERA DI odori ed inquinanti – UN PROBLEMA SEMPRE PIù ATTUALE

L’impatto generato da odori ed inquinanti prodotti da diverse realtà industriali e commerciali può limitare fortemente la fruibilità dell’ambiente circostante. A tal fine l’utilizzo della modellistica, quale strumento conoscitivo e previsionale, permette di fornire una valutazione oggettiva della qualità dell’aria e di individuare le migliori soluzioni per minimizzare gli impatti, garantendo nel contempo il rispetto dei limiti di legge, ove previsti.
Laura Ranzato, Paolo Montin (Geosolution S.r.l.)

L’attenzione rivolta alle emissioni in atmosfera, in particolare a quelle odorigene, si è accentuata negli ultimi anni, grazie alla crescente sensibilità nei confronti dell’ambiente e della salute umana, ma anche a causa della frequente vicinanza di sorgenti emissive a zone urbanizzate. La semplice presenza di camini legati ad attività industriali, ancorché pienamente rispettosi dei limiti di legge, o di altre attività che producono emissioni odorigene (ad esempio impianti di trattamento, riciclaggio e smaltimento dei rifiuti, impianti di compostaggio, digestione anaerobica, ecc…), molto spesso può essere motivo di proteste da parte della popolazione residente nelle zone limitrofe (basti pensare che nel 2011, solo in Emilia Romagna sono pervenute ad ARPA oltre 200 segnalazioni di disagio olfattivo derivante da impianti a biogas e spandimenti in agricoltura).

Di fondamentale importanza risulta quindi fornire una valutazione oggettiva della qualità dell’aria con riferimento ad inquinanti e odori, atta ad individuare le principali sorgenti emissive e le migliori metodologie da applicare per mitigare gli impatti generati sull’ambiente circostante.

La normativa di riferimento

La norma quadro in materia di prevenzione e limitazione delle emissioni in atmosfera è costituita dal Decreto Legislativo 3 aprile 2006 n. 152 (Testo Unico Ambientale – TUA) e successive modifiche. Tutti gli stabilimenti che producono emissioni in atmosfera sono assoggettati alle disposizioni contenute nel Titolo I alla Parte V del TUA, “Prevenzione e limitazione delle emissioni in atmosfera di impianti e attività“, che stabilisce i valori di emissione, le prescrizioni, i metodi di campionamento e di analisi delle emissioni ed i criteri per la valutazione della conformità dei valori misurati ai valori limite.

Ai sensi dell’art. 269 del suddetto decreto, tutti gli stabilimenti il cui esercizio comporta emissioni in atmosfera, fatto salvo i casi riportati in TABELLA 1, hanno l’obbligo di presentare idonea domanda di autorizzazione, accompagnata, tra le altre, da una relazione tecnica descrittiva del ciclo produttivo e dal progetto dell’impianto. L’autorizzazione, rilasciata dall’autorità competente, regolamenta a 360 gradi le emissioni (modalità di convogliamento e captazione, valori limite, metodi di campionamento ed analisi, ecc…) ed ha durata di quindici anni, al termine dei quali dovrà essere rinnovata.

TABELLA 1: IMPIANTI NON SOTTOPOSTI AD AUTORIZZAZIONE
Rif. art. D.Lgs. 152/2006 Tipologia impianto
art. 267 comma 2
  • impianti di incenerimento
  • impianti coincenerimento
  • impianti di trattamento termico dei rifiuti
art. 267 comma 3 impianti sottoposti ad autorizzazione integrata ambientale
art. 269 comma 10 impianti di deposito di oli minerali, compresi i gas liquefatti
art. 272 comma 1 impianti elencati nella parte I dell’Allegato IV alla parte quinta del D.Lgs. 152/2006
art. 272 comma 5 stabilimenti destinati alla difesa nazionale ed alle emissioni provenienti da sfiati e ricambi d’aria esclusivamente adibiti alla protezione e sicurezza degli ambienti di lavoro

Accanto al TUA vige anche il Decreto Legislativo n. 155/2010, che rappresenta la norma quadro in materia di controllo dell‘inquinamento atmosferico; tale decreto, che recepisce la direttiva 2008/50/CE relativa alla qualità dell’aria ambiente e per un’aria più pulita in Europa, definisce i valori limite, i valori obiettivo, le soglie di informazione e di allarme, i livelli critici degli inquinanti in atmosfera, nonché gli obiettivi a lungo termine da raggiungere per la salvaguardia della salute umana e dell’ambiente. Il Decreto individua l’elenco delle sostanze per le quali è obbligatorio il monitoraggio (NO2, NOx, SO2, CO, O3, PM10, PM2.5, Benzene, Benzo(a)pirene, Piombo, Arsenico, Cadmio, Nichel, Mercurio, precursori dell’ozono) e stabilisce le modalità con cui le regioni e le province autonome devono trasmettere le informazioni sullo stato della qualità dell’aria al Ministero dell’Ambiente. Il D.Lgs. 155/2010 ha inoltre introdotto, all’interno del processo di valutazione della qualità dell’aria, lo strumento della modellistica numerica da utilizzare congiuntamente alle misurazioni analitiche, nelle zone in cui non sono presenti stazioni di misurazione.

La disamina della normativa vigente in Italia permette di appurare che, mentre risulta piuttosto ben regolamentata la materia delle emissioni convogliate degli inquinanti in atmosfera, in termini di flussi di massa e concentrazioni limite da rispettare, non avviene altrettanto per ciò che concerne l’inquinamento olfattivo, che però può essere causa di lamentele molto più numerose da parte degli stakeholders.

La normativa in tema di emissioni odorigene risulta infatti ancora ad uno stadio iniziale, anche in altri paesi, a causa della complessità del fenomeno di diffusione degli odori (vasta gamma di sostanze potenzialmente odorifere, soggettività fisica e psichica della percezione di un odore, diverso comportamento delle sostanze durante il trasporto in atmosfera, ecc…), nonché delle difficoltà tecniche strettamente legate alla misurazione degli stessi.

A livello nazionale mancano specifici riferimenti prescrittivi, mentre solamente alcune regioni hanno provveduto a disciplinare la materia, essenzialmente sotto forma di linee guida ed indirizzi operativi volti a garantire la fruibilità del territorio anche in presenza di attività con rilevanti flussi osmogeni (citiamo la Lombardia, mediante la DGR n. 7/12764 del 16/04/2003 “Linee guida relative alla costruzione e all’esercizio degli impianti di produzione di compost” e la DGR n. IX/3018 del 15/02/2012 “Linea guida per la caratterizzazione e l’autorizzazione delle emissioni gassose in atmosfera dalle attività ad impatto odorigeno “; il Veneto, mediante la DGR n. 568 del 25/05/2005 “Norme tecniche ed indirizzi operativi per la realizzazione e la conduzione degli impianti di recupero e di trattamento delle frazioni organiche dei rifiuti urbani ed altre matrici organiche mediante compostaggio, biostabilizzazione e digestione anaerobica“; l’Emilia Romagna, mediante la DGR 1495 del 24/10/2011 “Criteri tecnici per la mitigazione degli impatti ambientali nella progettazione e gestione degli impianti a biogas“).

La valutazione della qualità dell’aria

Al fine di ottenere indicazioni inerenti lo stato della qualità dell’aria nei dintorni di sorgenti emissive, in relazione alle concentrazioni delle sostanze inquinanti e/o odorigene, possono essere utilizzati, singolarmente o, ancor meglio, in modo congiunto, i seguenti strumenti conoscitivi: le reti di monitoraggio ed i modelli matematici di dispersione in atmosfera.

Una rete di monitoraggio è composta da una serie di centraline fisse, ubicate nei pressi di potenziali fonti emissive, finalizzate ad effettuare misurazioni in continuo o secondo scadenze temporalmente definite. Il principale vantaggio delle reti consiste nella determinazione analitica oggettiva del dato misurato, tanto maggiore quanto più sensibili sono gli strumenti utilizzati. Nel caso di sorgenti odorigene, la strumentazione impiegata per definire qualitativamente e quantitativamente gli odori è il cosiddetto “naso elettronico”, un dispositivo complesso in grado di riprodurre in modo approssimativo il funzionamento del sistema olfattivo umano.

Il numero limitato di punti di misura, dovuto essenzialmente al costo degli strumenti di controllo, risulta tuttavia spesso inadeguato ad ottenere una fotografia della distribuzione spazio-temporale della concentrazione dei vari inquinanti di interesse, specialmente nel caso di vaste aree da monitorare o di zone ad orografia complessa.

Un modello matematico è una rappresentazione semplificata della realtà. In linea generale, un modello di dispersione in atmosfera è un insieme di relazioni matematiche che, a partire dalla conoscenza dei dati di input (caratteristiche del territorio – orografia, land-use, rugosità, albedo, ecc…-, caratteristiche statiche e dinamiche delle emissioni, informazioni meteorologiche e della capacità disperdente dell’atmosfera), stima la distribuzione nello spazio e nel tempo della concentrazione degli inquinanti emessi.

L’impiego di modelli matematici per la simulazione della dispersione degli inquinanti in atmosfera consente di:

  • ottenere valori di concentrazione anche nelle aree ove non esistano stazioni di misurazione;
  • estendere la rappresentatività temporale delle misure;
  • comprendere le relazioni tra emissioni ed immissioni in atmosfera;
  • discriminare i contributi che diverse sorgenti hanno sulle concentrazioni di un inquinante in una determinata area;
  • valutare l’efficacia delle misure di contenimento delle emissioni in atmosfera verificando il rispetto dei limiti di legge, dei criteri o degli standard utilizzati;
  • prevedere la qualità dell’aria sulla base di scenari ipotetici di emissione o in funzione di variazioni delle condizioni meteorologiche;
  • determinare appropriate altezze di uscite dei fumi per ridurre l’impatto sui corpi recettori;
  • progettare idonee reti di monitoraggio per il controllo degli inquinanti;
  • stimare l’influenza di fattori geofisici sulla dispersione (morfologia del terreno, presenza di corpi idrici, ecc…);
  • risparmiare su costi di monitoraggio dell’aria;
  • integrare e combinare le misurazioni effettuate tramite le stazioni di monitoraggio;
  • realizzare piani e programmi di miglioramento e mantenimento della qualità dell’aria, così come individuato nel D.Lgs. 155/2010 “Attuazione della direttiva 2008/50/CE relativa alla qualità dell’aria ambiente e per un’aria più pulita in Europa”.

Nonostante un modello di dispersione sia in grado di stimare lo stato della qualità dell’aria in ciascun punto del territorio oggetto di analisi, bisogna sempre tener presente che esso, in quanto tale, costituisce solamente un’approssimazione della realtà. Pertanto, una corretta applicazione modellistica necessita sempre, quando possibile, di una procedura rigorosa di confronto con i dati ottenuti dalle misurazioni in campo (validazione), al fine di stabilire il grado di rispondenza del modello alla situazione reale in cui questo viene applicato; tale circostanza è ovviamente non fattibile nelle situazioni puramente previsionali.

Rete di monitoraggio Simulazione modellistica
Vantaggi
  • Affidabilità dei dati misurati
  • Semplicità di gestione
  • Estensione del dominio spazio-temporale
  • Costi minori rispetto alla rete di monitoraggio
  • Carattere previsionale dell’impatto di sorgenti non ancora esistenti
Svantaggi
  • Costo della strumentazione e di gestione
  • Numero limitato di dati di monitoraggio
  • Difficoltà di impostazione di una rete di monitoraggio rappresentativa
  • Quantità dati in ingresso richiesti (fonti emissive, condizioni meteoclimatiche, caratteristiche del territorio, ecc…)
  • Necessità di confronto tra concentrazioni stimate e concentrazioni misurate (taratura e validazione del modello)

Il modello di dispersione in atmosfera CALPUFF

Esistono sul mercato molte tipologie di modelli, differenti per complessità ed ambito di applicazione; la scelta deve essere basata su un’adeguata documentazione di supporto, che illustri caratteristiche e prestazioni. Nel caso di studi a carattere spiccatamente applicativo ha senso utilizzare modelli già consolidati e possibilmente già adottati in contesti analoghi.

Uno dei modelli previsionali di dispersione in atmosfera di maggior diffusione ed utilizzo a livello mondiale è il CALPUFF, elaborato nel 1990 dalla Sigma Research Corporation (Earth Tech Inc.) e liberamente scaricabile dal sito internet http://www.src.com/calpuff/download/download.htm; esso, per le sue notevoli caratteristiche tecniche, è indicato come preferred model dalla US EPA (Environmental Protection Agency), istituzione indipendente statunitense che si occupa della protezione dell’ambiente.

Il CALPUFF fa parte di una catena modellistica (il pacchetto CALPro) costituita da tre moduli: CALMET, CALPUFF e CALPOST. In particolare:

  • CALMET è un modello meteorologico in grado di ricavare con elevato grado di approssimazione, partendo dai dati meteorologici e geofisici (uso del suolo e orografia), l’andamento della turbolenza atmosferica nel tempo e nello spazio, propedeutico alle successive elaborazioni numeriche.
  • CALPUFF è un modello non stazionario di trasporto e dispersione di inquinanti/odori in atmosfera, discretizzati in pacchetti emessi ad intervalli di tempo prestabiliti (i cosiddetti puff), in grado di descrivere la distribuzione spazio-temporale delle sostanze emesse da sorgenti puntuali, lineari, areali o volumetriche, sfruttando i dati meteorologici di output di CALMET.
  • CALPOST è un post-processore che viene utilizzato per elaborare i dati prodotti da CALPUFF, al fine di estrapolare i valori della distribuzione spazio-temporale di concentrazione degli inquinanti in funzione degli scopi dell’analisi.

I principali vantaggi della catena modellistica CALPro sono:

  • applicabilità a sorgenti di vario tipo (puntuali, lineari, areali, volumetriche) con emissioni variabili nel tempo (flusso di massa dell’inquinante, velocità di uscita dei fumi, temperatura, ecc…);
  • notevole flessibilità nell’estensione del dominio di simulazione, da poche decine di metri (scala locale) a centinaia di chilometri dalla sorgente (mesoscala);
  • applicabilità a condizioni meteorologiche non stazionarie (come calme di vento), a parametri dispersivi non omogenei, ad effetti vicini alla sorgente (ad esempio l’innalzamento del plume inquinante dal punto di emissione) e ad effetti locali di turbolenza (come la presenza di ostacoli lungo la direzione del flusso);
  • capacità di trattare condizioni orografiche complesse, nelle quali gli effetti della morfologia del terreno influenzano la dispersione degli inquinanti;
  • trattabilità di effetti a lungo raggio, come le trasformazioni chimiche, il trasporto sopra l’acqua e le interazioni tra zone marine e zone costiere;
  • applicabilità ad emissioni di tipo odorigeno;
  • possibilità di gestire fenomeni atmosferici di deposizione umida e secca (inquinanti inerti e polveri), decadimento e trasformazione degli inquinanti.

Riferimenti bibliografici e normativi

  • Decreto Legislativo 13 agosto 2010, n.155. “Attuazione della direttiva 2008/50/CE relativa alla qualità dell’aria ambiente e per un’aria più pulita in Europa”. Gazzetta Ufficiale n. 216 del 15 settembre 2010 – Suppl. Ordinario n. 217.
  • Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152. “Norme in materia ambientale”. Gazzetta Ufficiale n. 88 del 14 aprile 2006 – Supplemento Ordinario n. 96.
  • Ranzato L. et al., 2012. “A comparison of methods for the assessment of odor impacts on air quality: Field inspection (VDI 3940) and the air dispersion model CALPUFF”. Atmospheric Environment 61, 570-579.
  • Scire, J.S., Strimaitis, D.G., Yamartino, R.J., 2000. A User’s Guide for the CALPUFF Dispersion Model (Version 5). Earth Tech, Inc, Concord, MA.
  • Sozzi R. et al., 2003. “La micrometeorologia e la dispersione degli inquinanti in aria”. Agenzia per la protezione dell’ambiente e per i servizi tecnici.

Per visualizzare e stampare l’articolo; http://www.geosolution.it/Pdf/Articolo-Recycling.pdf

Laura Ranzato, Paolo Montin (Geosolution S.r.l.)

avatar

Mariano Fabris

Consulente e Resp. Tecnico in Materia di Gestione Rifiuti Cat 1,4,5,8 Preposto per il Trasporto Nazionale e Internazionale su strada di Merci.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *