A più di dieci anni dalla nascita del sistema di gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio in alluminio Cial, consorzio nazionale per il riciclo e il recupero dell’alluminio, consolida il trend di crescita delle quantità raccolte e riciclate: a fine 2009 la quota di recupero di imballaggi di alluminio è pari al 56,1% dell’immesso sul mercato. Tradotta in cifre assolute, questa percentuale equivale a 34.800 tonnellate di materiale recuperato, 31.200 delle quali riciclate. Il riciclo degli imballaggi in alluminio è dunque pari al 50,3%, in linea con gli obiettivi comunitari Ue. Sono state evitate emissioni serra per 272mila tonnellate di CO2, e risparmiata energia pari a 117mila tep (tonnellate equivalenti petrolio).
Ad oggi, Cial ha favorito l’attivazione della raccolta differenziata degli imballaggi in alluminio in oltre 5.500 Comuni italiani (il 70% dei Comuni italiani) e la partecipazione di 44 milioni di cittadini (il 75% della popolazione).
Risultati positivi, fanno sapere da Cial, ottenuti anche grazie alla collaborazione con una rete di 328 operatori convenzionati, distribuiti su tutto il territorio nazionale.
Inoltre, è stata consolidata la collaborazione con 21 fonderie di alluminio, ovvero il 100% della capacità produttiva di riciclo italiana. Oggi il nostro Paese detiene dunque la leadership in Europa, insieme alla Germania, nell’industria del riciclo dell’alluminio. A livello mondiale, questo primato ci pone al 3° posto dopo Stati Uniti e Giappone.
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Sacchetti di carta – Comieco fa il punto: aumenta la vendita nel 2009
Rinnovabili, riciclabili, biodegradabili e compostabili, i sacchetti di carta stanno entrando nel vissuto quotidiano degli italiani. A otto mesi dalla messa al bando degli inquinanti shopper di plastica – che saranno vietati a partire da gennaio 2011 – Comieco fa il punto. Secondo i dati forniti al consorzio dal gruppo Shopping bags, che opera in seno ad Assografici, nel 2009 il settore ha conosciuto per l’Italia una crescita del fatturato pari al 3,8% e un incremento dei volumi di vendita del 5,6%.
“Tra i fattori chiave del successo degli shopping bag di carta c’è sicuramente la loro completa ecocompatibilità e l’aspetto estetico. Senza dimenticare, ovviamente, la biodegradabilità e la compostabilità – afferma Comieco in una nota -. Ad esempio, la conferma scientifica della piena compostabilità della carta ha aperto nuove possibilità di miglioramento del riciclo: oggi qualsiasi tipo di imballaggio a base cellulosica, ha cittadinanza nei cassonetti urbani utilizzati per la raccolta differenziata dei rifiuti: se pulito con la carta, se sporco di cibo con l’umido”.
Le nuove discariche prodotte dal bisogno di caffé in cialda
Una volta c'era la moka. Simbolo, se vogliamo, anche di un certo ambientalismo, vista l'altissima percentuale di materiale riciclato che compone le macchinette che soprattutto dal dopoguerra in poi hanno accompagnato il lungo sogno di benessere dell'italiano medio.
Poi, qualche anno fa, sono arrivate le macchinette elettriche, via via sempre più metallizzate, sempre più di design sempre più status symbol (che presuppone anche un ciclo di vita più breve) che non possono mancare nelle liste di nozze delle nuove famiglie, così come nelle famiglie più vecchie, che finalmente possono permettersi un caffè buono come quello del bar.
Ma la moka a ben guardare era (è?) una tragedia per il mercato: praticamente indistruttibile, eterna a patto di sostituire ogni tanto le guarnizioni e al limite il filtro. Per scardinare il mito della moka sono serviti anni si strategie di marketing del più alto livello, supportate da investimenti pubblicitari ciclopici con siparietti in prima serata arrivati a scomodare perfino il padreterno e tutti i santi intorno.
Ancora la malattia della moka non è stata debellata, ma la strada per farla divenire roba da collezionisti è stata presa. E la tendenza ora è quella di usare la stessa strategia delle stampanti: così come una stampante la puoi pagare 20 euro e le cartucce per ricaricarla ogni volta costano il doppio, allo stesso modo le macchine elettriche del caffè sono entrate prima negli uffici e poi anche nelle nostre case in comodato d'uso, gratuite, a patto di acquistare modiche quantità di caffè inserite in generose porzioni di plastica colorata umanizzate in nomignoli assurdi, a prezzi che se considerati a peso (almeno 50-60 euro al chilo), farebbero gridare al furto ma che invece l'inoculazione subliminale delle pubblicità, rende invisibili.
Insomma, grazie anche a questo nuovo bisogno creato dall'industria della pubblicità per tutta una lunga serie di altre industrie (quelle che compongono le filiere della cialda di caffè, dall'estrazione delle materie prime fino allo smaltimento finale), le capsulette di caffè che hanno preso i nomi dai cugini dei sette nani impazzano nelle nostre discariche (le cialde di stoffa sono diventate quasi introvabili, per amatori, ma avevano se non altro il merito di non contenere plastica e di poter essere raccolte con l'organico) insieme alla confezioncina sottovuoto in alluminio e insieme allo scatolone di cartone che ne contiene qualche decina. E contemporaneamente a tutto ciò la Bialetti ha annunciato nei mesi scorsi che delocalizzerà all'estero la sua storica fabbrica di macchine moka…
Del resto questo è solo uno dei tanti esempi della direzione che prende il mercato quando viene lasciato libero di agire. Un'altra testimonianza possiamo coglierla nella pagina pubblicitaria che un'azienda «leader nel mercato nazionale della produzione di preforme e contenitori in Pet» ha comprato oggi sul Giornale. In Italia si sa, a differenza di altri Paesi europei, il pet riciclato non può essere utilizzato per diventare un nuovo imballaggio per uso alimentare. Questo significa che tutte le nostre bottiglie di plastica – quando e se vengono riciclate – si trasformano in maglie, in arredi, pallet, ma non in nuove-vecchie bottiglie di acqua minerale. Ed è anche per questo che in tutta questa pagina pubblicitaria non viene fatto alcun accenno ad eventuali virtù ecologiche dell'azienda, che evidentemente non interessano (ancora?) i grandi produttori di acqua e bevande, che invece quando si rivolgono ai loro clienti (i consumatori finali) millantano la loro grande sensibilità ambientale consapevoli di quanto oggi il greenwashing renda.
Il filo rosso che unisce l'acqua minerale in pet e le capsule di caffè non è uno solo: c'è quello della plastica, quello dell'usa e getta / obsolescenza programmata, c'è infine la leva perennemente alzata della pubblicità come arma di convinzione di massa.
Presentato il Rapporto Ecomafia 2010 di Legambiente
Ormai quasi maggiorenne (è alla sua diciassettesima edizione) continua a riscuotere un gran successo il dossier Ecomafia di Legambiente.
Al di là della qualità della raccolta e dell'analisi dei dati, il dossier Ecomafia di Legambiente giunto alla sua diciassettesima edizione riscuote interesse perché è estremamente attuale e questo non è un bel segnale. Vuol dire che i reati in campo ambientale continuano ad essere commessi ed anzi sono in aumento.
Gli illeciti accertati nel 2009 (anno a cui si riferisce il rapporto "Ecomafia 2010") sono 28.576 contro 25.776 del 2008, pari a 78 reati al giorno, cioè più di 3 l'ora. Aumentano però del 33,4% le persone denunciate (da 21.336 a 28.472), dell'11% i sequestri effettuati (da 9.676 a 10.737) e aumentano anche gli arresti (+ 43%, da 221 nel 2008 agli attuali 316). Per quanto riguarda il settore in cui il reato è stato commesso, si registra una decisa impennata di infrazioni accertate nel ciclo dei rifiuti (da 3.911 nel 2008 a 5.217 nel 2009), e un leggero calo nel ciclo del cemento (da 7.499 a 7.463), mentre crescono decisamente i reati contro la fauna (+58% ) e i diversi reati contro l'ambiente marino e costiero. La crisi economica non pare incidere sul settore "produttivo" delle ecomafie che ha un giro d'affari stabile, intorno ai 20,5 miliardi di euro.
Questo il quadro di sintesi dei dati forniti da tutte le Forze dell'ordine e di Polizia giudiziaria impegnate nelle indagini contro i reati ambientali e analizzati da Legambiente. «Il business dell'ecomafia minaccia gravemente il futuro del Paese sottraendo risorse preziose all'economia legale e condannandolo all'arretratezza – ha dichiarato il presidente nazionale di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza – Anche il Governatore della Banca d'Italia Mario Draghi, nella recente relazione all'assemblea nazionale di Bankitalia, ha sottolineato la stretta connessione tra la densità della criminalità organizzata e il livello di sviluppo, ribadendo la necessità di combattere la corruzione per rilanciare il Mezzogiorno. Ma l'illegalità non sottrae solo gettito fiscale. Influisce sulla sicurezza e i diritti dei lavoratori, falsa il mercato e la competizione, impedendo un reale sviluppo economico e sociale del territorio a totale beneficio delle cosche criminali».
Per quanto riguarda la classifica regionale (poco virtuosa) sull'illegalità ambientale, "passi in avanti" sono stati fatti dal Lazio che sale al secondo posto (era al quinto nel 2008), soprattutto per i reati contro il patrimonio faunistico, mentre il suo territorio è sempre più esposto alle infiltrazioni dei clan, in particolare nel Sud pontino. Al primo posto stabile la Campania con 4.874 infrazioni accertate (il 17% sul totale nazionale). Al terzo posto la Calabria, con 2.898 infrazioni seguita dalla Puglia con 2.674 infrazioni. Scende di due posizioni la Sicilia, al quinto posto con 2.520 infrazioni accertate, mentre la Liguria si conferma come lo scorso anno, quale prima regione del Nord Italia con il maggior numero di reati: 1.231.
Nonostante manchino all'appello i dati sui rifiuti speciali finiti nel ciclo illegale e trasformati in "oro" dalla criminalità organizzata, non siano ancora stati valutati i vantaggi economici che traggono le ecomafie per le carenze impiantistiche e gestionali della filiera legale dei rifiuti, nè infine il dato relativo ai furti e ai traffici di opere d'arte e reperti archeologici, il cui mercato continua a sfuggire a una precisa quantificazione monetaria (sembra che il volume d'affari sia secondo solo al traffico internazionale di stupefacenti), continua a rimanere impressionante il "giro" economico delle ecomafie. Alcuni dati di dettaglio: rispetto al 2008 si conferma l'abusivismo edilizio, con una somma in nero accumulata, di 2 miliardi, come del resto il racket degli animali che, stando alla stima della Lega antivivisezione (Lav), rimane intorno ai 3 miliardi di euro, tra corse clandestine di cavalli, combattimenti tra cani, traffici di fauna viva esotica o protetta, macellazione clandestina. Gli investimenti a rischio in opere pubbliche e gestione dei rifiuti urbani nelle quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa anche nel 2009 superano i 7 miliardi e mezzo di euro.
L'ecomafia poi si conferma sempre più come fenomeno globale con la nostra criminalità ai vertici delle classifiche internazionali, ma le risposte delle istituzioni sono però più efficaci. L'Organizzazione mondiale delle Dogane ha attivato nuove e più sinergiche alleanze tra agenzie che hanno portato nel 2009 al sequestro, solo in Italia, di ben 7.400 tonnellate di rifiuti. «L'azione di contrasto messa in campo dalle Forze dell'ordine – ha sottolineato il vicepresidente dell'associazione ambientalista, Sebastiano Venneri – deve essere sostenuta concretamente dal Governo con la disposizioni di nuovi efficaci strumenti. Introducendo finalmente (entro la fine del 2010) i delitti contro l'ambiente nel Codice Penale e consentendo l'uso delle intercettazioni telefoniche e ambientali nelle indagini, ma anche mettendo mano alle situazioni di pericolo più grave, quali le aree inquinate da bonificare e gli edifici e le opere pubbliche a rischio calcestruzzo depotenziato da monitorare e mettere subito in sicurezza» ha concluso Venneri.