La nozione di «reflui industriali» non include soltanto i reflui da attività industriale

reflui industrialiNella nozione di acque reflue industriali rientrano tutti i reflui derivanti da attività che non attengano strettamente al prevalente metabolismo umano ed alle attività domestiche, cioè non collegati alla presenza umana, alla coabitazione ed alla convivenza di persone; conseguentemente sono da considerare scarichi industriali, oltre ai reflui provenienti da attività di produzione industriale vera e propria, anche quelli provenienti da insediamenti ove si svolgono attività artigianali e di prestazioni di servizi, quando le caratteristiche qualitative degli stessi siano diverse da quelle delle acque domestiche. Cass. pen. n. 44353/2015

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Amianto: l’obbligo di sorveglianza grava sul soggetto che detiene il bene

amianto_impianto_trattamentoMentre nel caso di inquinamento del suolo e/o delle falde prodotto da complessi industriali dismessi o ceduti ad altri imprenditori è applicabile il principio “chi inquina paga” a condizione, ovviamente, che si dimostri che l’inquinamento è stato provocato dal precedente gestore dell’impianto, nel caso dell’amianto il discorso è diverso, in quanto il fatto che l’amianto divenga pericoloso per l’ambiente e la salute solo a certe condizioni consentono di scindere le responsabilità e obbligano passivamente il soggetto che detiene il bene nel momento in cui si verificano le condizioni per l’applicazione della normativa speciale.

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Liquami zootecnici e letame: quanto costituiscono rifiuto

Liquami zootecniciL’allegato D) alla parte quarta del D.Lgs. n. 152/06 (c.d. TUA) include, tra i rifiuti, «feci animali, urine e letame (comprese le lettiere usate), effluenti, raccolti separatamente e trattati fuori sito» (codice CER 02 01 06); per cui, in via generale, dette sostanze possono costituire rifiuti.

Il TUA, tuttavia, pone alcuni limiti al campo di applicazione della disciplina sui rifiuti. L’art. 185, co. 1, infatti, prevede che non rientrano nel campo di applicazione della disciplina sui rifiuti “le materie fecali, se non contemplate dal comma 2, lettera b), paglia, sfalci e potature, nonché altro materiale agricolo o forestale naturale non pericoloso utilizzati in agricoltura, nella selvicoltura o per la produzione di energia da tale biomassa mediante processi o metodi che non danneggiano l’ambiente né mettono in pericolo la salute umana”. Lo stesso articolo, al comma 2, stabilisce che sono esclusi dall’ambito di applicazione della parte quarta del decreto (disciplina sui rifiuti), in quanto regolati da altre disposizioni normative comunitarie, ivi incluse le rispettive norme nazionali di recepimento: “i sottoprodotti di origine animale, compresi i prodotti trasformati, contemplati dal regolamento (CE) n. 1774/2002, eccetto quelli destinati all’incenerimento, allo smaltimento in discarica o all’utilizzo in un impianto di produzione di biogas o di compostaggio”.

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Quando un rifiuto cessa di essere tale, dopo essere stato sottoposto ad un’operazione di recupero?

responsabilita amministrativaL’art. 184 ter del TUA, norma di riferimento per il tema, detta delle condizioni, che, tuttavia, non sono direttamente operative, in quanto devono trovare ulteriore specificazione in criteri da elaborarsi in sede comunitaria ovvero, in mancanza, caso per caso per specifiche tipologie di rifiuti attraverso uno o più decreti del Ministro dell’ambiente; nelle more dell’adozione dei regolamenti nazionali, continuano ad applicarsi le disposizioni di cui ai d.d. m.m. del 5.02.1998, 12.06.2002, n. 161 e 17.11.2005, n. 269, nonché l’ art. 9-bis, lett. a) e b), del d.l. n. 172/2008.

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