REACH

Codici ‘a specchio’​: arriva la pronuncia della Corte UE

A margine dell’annosa disputa in merito alla classificazione dei rifiuti pericolosi con ‘codice a specchio’ ricorderete che la Corte di Cassazione, con ordinanza del 27 luglio 2017 n. 37460, aveva sollevato una questione di pregiudizialità europea dinanzi alla Corte di Giustizia UE, affinché dirimesse diversi dubbi interpretativi a margine di un’ indagine giudiziaria per una classificazione come “non pericolosa” di rifiuti contraddistinti dai cosiddetti codici “a specchio”, senza aver proceduto ad un’analisi sufficientemente accurata degli stessi, in violazione del principio di precauzione previsto dal diritto dell’Unione.

Più precisamente i quesiti trasmessi al Giudice europeo erano stati:

a) Se l’allegato alla Decisione 2014/955/UE ed il Regolamento UE n. 1357/2014 vadano o meno interpretati, con riferimento alla classificazione dei rifiuti con voci speculari, nel senso che il produttore del rifiuto, quando non ne è nota la composizione, debba procedere alla previa caratterizzazione ed in quali eventuali limiti;

b) Se la ricerca delle sostanze pericolose debba essere fatta in base a metodiche uniformi predeterminate;

c) Se la ricerca delle sostanze pericolose debba basarsi su una verifica accurata e rappresentativa che tenga conto della composizione del rifiuto, se già nota o individuata in fase di caratterizzazione, o se invece la ricerca delle sostanze pericolose possa essere effettuata secondo criteri probabilistici considerando quelle che potrebbero essere ragionevolmente presenti nel rifiuto;

d) Se, nel dubbio o nell’impossibilità di provvedere con certezza all’individuazione della presenza o meno delle sostanze pericolose nel rifiuto, questo debba o meno essere comunque classificato e trattato come rifiuto pericoloso in applicazione del principio di precauzione”.

E’ passato molto tempo ma finalmente la Corte di Giustizia Europea ha pronunciato pochi giorni or sono, in data 28 Marzo 2019, la sentenza in merito alle richieste del giudice nazionale alle quali abbiamo appena fatto cenno.

In sintesi la risposta dei giudici comunitari assume questi toni:

In base al principio di precauzione il produttore del rifiuto, se si trova nell’impossibilità pratica di determinare il contenuto delle sostanze pericolose e perciò di assegnare le caratteristiche di pericolo HP al rifiuto con “codice a specchio”, allora egli deve classificare il rifiuto come pericoloso!

Più precisamente nel dispositivo della sentenza si legge:

1)      L’allegato III della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive, come modificata dal regolamento (UE) n. 1357/2014 della Commissione, del 18 dicembre 2014, nonché l’allegato della decisione 2000/532/CE della Commissione, del 3 maggio 2000, che sostituisce la decisione 94/3/CE che istituisce un elenco di rifiuti conformemente all’articolo 1, lettera a), della direttiva 75/442/CEE del Consiglio relativa ai rifiuti e la decisione 94/904/CE del Consiglio che istituisce un elenco di rifiuti pericolosi ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 4, della direttiva 91/689/CEE del Consiglio relativa ai rifiuti pericolosi, come modificata dalla decisione 2014/955/UE della Commissione, del 18 dicembre 2014, devono essere interpretati nel senso che il detentore di un rifiuto che può essere classificato sia con codici corrispondenti a rifiuti pericolosi sia con codici corrispondenti a rifiuti non pericolosi, ma la cui composizione non è immediatamente nota, deve, ai fini di tale classificazione, determinare detta composizione e ricercare le sostanze pericolose che possano ragionevolmente trovarvisi onde stabilire se tale rifiuto presenti caratteristiche di pericolo, e a tal fine può utilizzare campionamenti, analisi chimiche e prove previsti dal regolamento (CE) n. 440/2008 della Commissione, del 30 maggio 2008, che istituisce dei metodi di prova ai sensi del regolamento (CE) n. 1907/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio concernente la registrazione, la valutazione, l’autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche (REACH) o qualsiasi altro campionamento, analisi chimica e prova riconosciuti a livello internazionale.

2)      Il principio di precauzione deve essere interpretato nel senso che, qualora, dopo una valutazione dei rischi quanto più possibile completa tenuto conto delle circostanze specifiche del caso di specie, il detentore di un rifiuto che può essere classificato sia con codici corrispondenti a rifiuti pericolosi sia con codici corrispondenti a rifiuti non pericolosi si trovi nell’impossibilità pratica di determinare la presenza di sostanze pericolose o di valutare le caratteristiche di pericolo che detto rifiuto presenta, quest’ultimo deve essere classificato come rifiuto pericoloso.

Attenzione dunque…

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Enrico Cappella

Consulente e docente ADR/RID/IMDG (DGSA), specializzato sulla normativa ADR/RID, codice IMDG, CLP e schede di sicurezza.

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