Le nuove discariche prodotte dal bisogno di caffé in cialda

Una volta c'era la moka. Simbolo, se vogliamo, anche di un certo ambientalismo, vista l'altissima percentuale di materiale riciclato che compone le macchinette che soprattutto dal dopoguerra in poi hanno accompagnato il lungo sogno di benessere dell'italiano medio.
Poi, qualche anno fa, sono arrivate le macchinette elettriche, via via sempre più metallizzate, sempre più di design sempre più status symbol (che presuppone anche un ciclo di vita più breve) che non possono mancare nelle liste di nozze delle nuove famiglie, così come nelle famiglie più vecchie, che finalmente possono permettersi un caffè buono come quello del bar.
Ma la moka a ben guardare era (è?) una tragedia per il mercato: praticamente indistruttibile, eterna a patto di sostituire ogni tanto le guarnizioni e al limite il filtro. Per scardinare il mito della moka sono serviti anni si strategie di marketing del più alto livello, supportate da investimenti pubblicitari ciclopici con siparietti in prima serata arrivati a scomodare perfino il padreterno e tutti i santi intorno.
Ancora la malattia della moka non è stata debellata, ma la strada per farla divenire roba da collezionisti è stata presa. E la tendenza ora è quella di usare la stessa strategia delle stampanti: così come una stampante la puoi pagare 20 euro e le cartucce per ricaricarla ogni volta costano il doppio, allo stesso modo le macchine elettriche del caffè sono entrate prima negli uffici e poi anche nelle nostre case in comodato d'uso, gratuite, a patto di acquistare modiche quantità di caffè inserite in generose porzioni di plastica colorata umanizzate in nomignoli assurdi, a prezzi che se considerati a peso (almeno 50-60 euro al chilo), farebbero gridare al furto ma che invece l'inoculazione subliminale delle pubblicità, rende invisibili.
Insomma, grazie anche a questo nuovo bisogno creato dall'industria della pubblicità per tutta una lunga serie di altre industrie (quelle che compongono le filiere della cialda di caffè, dall'estrazione delle materie prime fino allo smaltimento finale), le capsulette di caffè che hanno preso i nomi dai cugini dei sette nani impazzano nelle nostre discariche (le cialde di stoffa sono diventate quasi introvabili, per amatori, ma avevano se non altro il merito di non contenere plastica e di poter essere raccolte con l'organico) insieme alla confezioncina sottovuoto in alluminio e insieme allo scatolone di cartone che ne contiene qualche decina. E contemporaneamente a tutto ciò la Bialetti ha annunciato nei mesi scorsi che delocalizzerà all'estero la sua storica fabbrica di macchine moka…
Del resto questo è solo uno dei tanti esempi della direzione che prende il mercato quando viene lasciato libero di agire. Un'altra testimonianza possiamo coglierla nella pagina pubblicitaria che un'azienda «leader nel mercato nazionale della produzione di preforme e contenitori in Pet» ha comprato oggi sul Giornale. In Italia si sa, a differenza di altri Paesi europei, il pet riciclato non può essere utilizzato per diventare un nuovo imballaggio per uso alimentare. Questo significa che tutte le nostre bottiglie di plastica – quando e se vengono riciclate – si trasformano in maglie, in arredi, pallet, ma non in nuove-vecchie bottiglie di acqua minerale. Ed è anche per questo che in tutta questa pagina pubblicitaria non viene fatto alcun accenno ad eventuali virtù ecologiche dell'azienda, che evidentemente non interessano (ancora?) i grandi produttori di acqua e bevande, che invece quando si rivolgono ai loro clienti (i consumatori finali) millantano la loro grande sensibilità ambientale consapevoli di quanto oggi il greenwashing renda.
Il filo rosso che unisce l'acqua minerale in pet e le capsule di caffè non è uno solo: c'è quello della plastica, quello dell'usa e getta / obsolescenza programmata, c'è infine la leva perennemente alzata della pubblicità come arma di convinzione di massa.

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Il riutilizzo dei RAEE: computer e cellulari

Una prospettiva “nuova” per i RAEE. Dallo sviluppo di sistema basato su raccolta e recupero al riutilizzo. Partiamo da computer e cellulari. Ma non fermiamoci qui.

La direttiva RAEE nel nostro Paese è stata recepita con il Decreto Legislativo[1], caratterizzato a tutt’oggi da una faticosa entrata a regime, che ha tra le sue le sue finalità la prevenzione dei rifiuti da AEE, il loro reimpiego e la diminuzione dell’uso di sostanze pericolose.

Il sistema di gestione dei “RAEE” è basato su raccolta differenziata, trattamento e recupero, con oneri economici posti a carico dei produttori e distributori delle apparecchiature nuove e competenze dei Comuni per la prima fase, quella dei centri di raccolta. La sua gestione è affidata ad

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Dlgs. 13 gennaio 2003, n. 36

Attuazione della direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti.
Pubblicata nella Gazzetta ufficiale 12 marzo 2003 n. 59, S.O. n.40

Decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36 Attuazione della direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti. (GU n. 59 del 12-3-2003- Suppl. Ordinario n.40) Testo aggiornato, da ultimo, al  al D.L. 30 dicembre 2008, n. 208, pubblicato nella GU n. 304 del 31-12-2008, convertito, con

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Nasce SISTRI, il sistema elettronico di controllo per la tracciabilità dei rifiuti

Legalità, trasparenza, risparmio, semplificazione, informatizzazione. Sono questi gli obiettivi a cui puntiamo con l’introduzione del SISTRI, il sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti speciali.
Una massa di rifiuti, oltre 147 milioni di tonnellate all’anno, il 10% dei quali pericolosi, che richiedono precisi adempimenti per lo smaltimento. Sono gli stessi rifiuti su cui hanno costruito una parte del loro business le ecomafie, affari criminali per il territorio e per la salute pubblica.
D’ora in poi ogni rifiuto speciale potrà essere seguito in qualsiasi fase della filiera produttiva, dalla produzione allo smaltimento. Grazie al SISTRI, infatti, la cui gestione è affidata al Comando dei Carabinieri per la tutela dell’ambiente, finalmente potremo contare su un apparato di controllo adeguato e su un sistema in grado di sostituire procedure obsolete, inefficienti e onerose. Intendiamo lanciare oggi, così, un ulteriore segnale, forte, nella lotta contro l’illegalità, insistendo sulla tolleranza zero nei confronti dei crimini ambientali.

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