Nel 2003 l’Ue ha vietato l’uso di piombo, mercurio, cadmio, cromo esavalente, bifenili polibromurati (Pbb) ed eteri di difenile polibromurato (Pbde) nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche (Aee) immesse sul mercato dopo il primo luglio 2006. Ha previsto, però anche delle esenzioni a tale divieto (elencate nell’apposito allegato della direttiva 2002/95/CE) – che periodicamente sono esaminate al fine di adeguarle al progresso scientifico e tecnico – proprio perché in alcuni casi non è possibile sostituirle con altre sostanze meno impattanti.
Sulla base del riesame l’Ue ha deciso di ammettere ancora l’utilizzo di piombo, mercurio, cadmio, cromo esavalente, bifenili polibromurati (Pbb) ed eteri di difenile polibromurato (Pbde), dato che la loro eliminazione nelle applicazioni specifiche è ancora impraticabile sotto il profilo scientifico o tecnico. Quindi – con decisione pubblicata sulla Gazzetta ufficiale europea di sabato – l’Ue modifica, l’allegato della direttiva sulla restrizione dell’uso di determinate sostanze pericolose nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche.
Ammettendo che l’eliminazione o la sostituzione parziale dell’uso di mercurio è scientificamente o tecnicamente possibile, riduce il quantitativo di mercurio che può essere utilizzato in alcune applicazioni (ad esempio nelle lampade fluorescenti ad attacco singolo, in quelle lineari e non ad attacco doppio per usi generali, in quelle a catodo freddo e lampade fluorescenti con elettrodo esterno, in quelle a scarica a bassa pressione ecc…).
Per altri usi, invece autorizza l’uso di determinate sostanze, perché è tecnicamente impossibile riparare Aee con pezzi di ricambio diversi da quelli originali. Perciò e unicamente in tali casi, è autorizzato l’utilizzo di pezzi di ricambio contenenti piombo, mercurio, cadmio, cromo esavalente o eteri di difenile polibromurato.
Del resto lo scopo delle disposizioni UE (ossia quelle del 2003) è quello di ravvicinare le legislazioni degli Stati membri sulle restrizioni dell’uso di sostanze pericolose nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche e a contribuire alla tutela della salute umana e al recupero e allo smaltimento ecologicamente corretto dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche.
Tenendo comunque conto della fattibilità tecnica ed economica, la maniera più efficace di garantire una riduzione significativa dei rischi per la salute e l’ambiente legati a queste sostanze è la sostituzione di queste sostanze nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche con materie sicure o più sicure. Dunque, imponendo una restrizione dell’uso di tali sostanze pericolose, probabilmente potrà aumentare la possibilità e la convenienza economica del riciclaggio di rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (Raee). E probabilmente potrà diminuire l’impatto negativo anche sulla salute dei lavoratori degli impianti di riciclaggio.
Materie prime seconde e sottoprodotti
E’ stata pubblicata ad agosto una nuova norma tecnica, la Uni 10667-1, che riguarda la natura delle materie prime seconde e i sottoprodotti che derivano dalla trasformazione delle materie plastiche. Una norma che potrebbe aprire scenari interessanti per il mercato delle plastiche recuperate in alternativa ai polimeri vergini.
La norma tecnica, come spiega l’Ente nazionale italiano di unificazione Uni, è un documento che specifica nell’ambito della normativa vigente “come fare bene le cose garantendo sicurezza, rispetto per l’ambiente e prestazioni certe.”
Per quando riguarda la Uni 10667-1 la norma classifica le materie plastiche prime-secondarie ottenute da recupero e riciclo di rifiuti di plastica, quindi dal circuito post-consumo, e si riferisce ai sottoprodotti di materie plastiche nonché ai materiali, alle sostanze e agli oggetti di plastica generati da cicli produttivi o di pre-consumo. Sottoprodotti e materiali, questi, che hanno le caratteristiche delle materie plastiche prime-secondarie sin dall’origine (e che nel testo sono indicate come “materie plastiche prime secondarie all’origine”) che l’industria utilizza per la produzione di miscele di materiali e/o di manufatti che vanno poi sul mercato, o che vengono usate per fini diversi.
Una norma tecnica che fa chiarezza, quindi, sulla natura di materie prime seconde e sottoprodotti degli scarti da trasformazione di materie plastiche, senza dover ricorrere ogni volta a requisiti o standard merceologici per decidere se sono da considerarsi rifiuti o sottoprodotti.
La norma è frutto dell’aggiornamento di una precedente norma tecnica -la UNI 10667-1 -pubblicata nel giugno 1998 e aggiornata nel gennaio 2000 – che prevedeva che fossero considerate materie prime seconde quei residui che non contengono più dell’1% di sostanze indesiderate e sono effettivamente avviati ad un reimpiego in un ciclo produttivo.
L’aggiornamento era stato chiesto per fare ulteriore chiarezza sul concetto di materia prima seconda ab origine (ovvero quali fossero da considerare tali) e per inserire la nozione di sottoprodotto, con le specifiche di quando così dovesse essere considerato.
La revisione avviata nel 2009 e approdata con la nuova norma pubblicata in agosto ha consentito quindi di fare chiarezza sul primo punto, equiparando le materie prime secondarie all’origine ai sottoprodotti di cui alla direttiva 2008/98/CE, e di specificare la natura delle materie plastiche prime-secondarie.
La nuova norma UNI definisce quindi “sottoprodotti di materie plastiche e materie plastiche prime-secondarie all’origine” i materiali costituiti da residui, sfridi e scarti industriali plastici pre-consumo derivanti sia dalla produzione sia dalla trasformazione dei polimeri, immessi direttamente sul mercato senza pretrattamenti, salvo l’eventuale macinazione o altre operazioni di riduzione volumetrica per via meccanica. Questi materiali vengono equiparati quindi alle materie originali poiché già rispondono ai requisiti merceologici del settore per essere utilizzati in ulteriori attività di produzione/trasformazione delle materie plastiche.
Vengono poi definiti “materie plastiche prime-secondarie” i materiali derivanti da operazioni di recupero/riciclo di rifiuti di plastica costituiti da una matrice polimerica (polimeri o leghe o miscele di polimeri) e da cariche, pigmenti, additivi e altri polimeri compatibili con la matrice stessa, che si possono presentare anche sotto forma di polvere, granuli, scaglie, agglomerati e densificati, e che possono essere utilizzati per la loro funzione originaria, per riempimento o per ulteriori e diversi fini.
Le attività di aggiornamento e revisione delle norme interessano anche altre parti della UNI 10667 e in particolare alcuni utilizzi di polimeri specifici su cui l’iter è ancora in corso o in via di definizione. Inoltre viene chiarita l’applicabilità delle norme tecniche per quelle materie plastiche che possono essere considerate materie prime secondarie e per le quali non esiste ancora una norma specifica. In questi casi la classificazione può essere eseguita (in accordo tra le parti) prendendo spunto dalle metodologie citate nelle norme esistenti della serie.
Dovranno comunque essere dichiarati (dalle parti) i trattamenti effettuati e dovrà essere determinata la presenza di eventuali impurità o materiali indesiderati in quantità tali da non compromettere il recupero del rifiuto plastico pre e post-consumo.
Le sanzioni sul Sistri partono dal 1° gennaio
Formalmente si parte il 1° ottobre 2010 ma, di fatto, tutto decorre dal 1° gennaio 2011. La cosiddetta “proroga” del Sistri (Sistema di tracciabilità informatica dei rifiuti) è contenuta in un decreto che il ministero dell’Ambiente ha avviato alla «Gazzetta Ufficiale» per la pubblicazione (prevista per oggi), composto di due soli articoli, di cui solo il primo a carattere dispositivo e che entra in vigore oggi stesso,
Non si tratta di una proroga “secca” del Sistri (il decreto conferma che resta ferma la data di operatività del 1°ottobre 2010), bensì del differimento di due termini: quello per la distribuzione dei dispositivi elettronici e – quello per la fase sperimentale, che vede il Sistri utilizzato insieme a registri e formulari, cioè alle tradizionali scritture ambientali che dal 1998 presiedono a produzione e gestione dei rifiuti. È a queste due fattispecie che si riferisce l’articolo 1 del decreto, la cui lettura rende evidente la declinazione temporale del sistema indicata in box.
La fase sperimentale si allunga così da uno a tre mesi per tutti, cioè sia per chi al 1° ottobre 2010 sarà in possesso dei dispositivi sia per chi, invece, a quella data non li avrà.
Il nuovo decreto è stato motivato dalla prevedibile necessità di consentire il completamento della fase di configurazione e di consegna dei dispositivi elettronici (chiavette Usb, apparecchiature di monitoraggio per discariche e inceneritori e, per i soli trasportatori, black box). Sul fronte delle configurazioni per i trasporti si registrano i problemi più gravi, anche connessi alle “sim card”.
Sistri. Entra in vigore ma in maniera soft
Vi informiamo che, per le aziende che siano già in possesso dei dispositivi elettronici attivi, il sistema di gestione Sistri sembra entrerà in vigore il 1° Ottobre (senza ulteriore proroghe come quella dello scorso luglio), mentre per tulle le altre imprese che non hanno ancora ricevuto le USB key entrerà in vigore sempre dal 1° Ottobre, ma senza sanzioni con la possibilità inoltre di poter utilizzare la vecchia modalità cartacea fino al 31 dicembre 2010.
Quindi ove le tre figure coinvolte nella gestione, siano tutte e tre in possesso dei dispositivi, si inizierà a gestire questo non semplice sistema, diversamente si utilizzerà il Fir come fino ad ora fatto.