Nota di commento a sentenza.
L’art. 29 quattuordecies del T.U. Ambiente stabilisce che “Salvo che il fatto costituisca più grave reato, si applica la sola pena dell’ammenda da 5.000 euro a 26.000 euro nei confronti di colui che pur essendo in possesso dell’autorizzazione integrata ambientale non ne osserva le prescrizioni o quelle imposte dall’ autorità competente nel caso in cui l’inosservanza sia relativa alla gestione di rifiuti”.
Il caso
Il Tribunale di Livorno condanna Tizio, nella qualità di legale rappresentante della Società Alfa, ritenendolo responsabile per contravvenzione sopra descritta in quanto non aveva osservato le prescrizioni dell’autorizzazione integrata ambientale, omettendo di trasferire i rifiuti a fine turno nelle apposite baie dedicate per i rifiuti prodotti dall’impianto di selezione (fatto accertato in Livorno) e lo condanna alla pena dell’ammenda.
Tizio impugna la sentenza davanti alla Corte di Cassazione
Con un unico motivo di ricorso deduce il vizio di motivazione, lamentando che “il Tribunale non avrebbe tenuto conto del fatto che, in occasione di un incendio divampato presso lo stabilimento, i vigili del fuoco intervenuti avevano spostato i materiali ivi presenti senza considerare le prescrizioni dell’AIA. Quanto avvenuto non era pertanto addebitabile a sua responsabilità, in quanto la presenza di rifiuti fuori dal luogo previsto dall’autorizzazione sarebbe stata conseguenza di un caso fortuito, rappresentato, appunto, dall’incendio”.
La Corte di Cassazione con sentenza n. 12170/2017 ritiene il ricorso inammissibile
Così motivano testualmente gli ermellini: “Va rilevato che le argomentazioni, peraltro in fatto, poste a sostegno dell’impugnazione, non trovano alcun riscontro nella motivazione della sentenza, la quale risulta priva di cedimenti logici o manifeste contraddizioni. L’assunto del ricorrente, secondo la quale i rifiuti rinvenuti all’atto del controllo sarebbero stati collocati in luogo diverso da quello indicato nell’AIA, risulta palesemente smentito da quanto osservato dal giudice del merito, il quale rileva, in maniera inequivocabile, che l’incendio si era sviluppato proprio sui rifiuti oggetto di controllo, i quali non erano stati trasferiti a fine turno di lavorazione, come invece previsto nell’atto autorizzatorio, nelle apposite baie dedicate.
Aggiunge il Tribunale che i rifiuti, andati parzialmente distrutti nell’incendio, potevano essere collocati nel luogo ove si trovavano solo momentaneamente ed in orario di lavoro, per essere poi tolti ed immagazzinati la sera, come stabilito dall’autorizzazione. Ciò non era avvenuto in quell’occasione, osserva il giudice del merito, essendo i rifiuti presenti in loco nonostante la cessazione dell’attività.
Ha anche escluso, in considerazione della quantità degli stessi, che potesse trattarsi di prodotti di risulta della pulizia degli impianti. Si tratta, dunque, di argomentazioni del tutto congrue, che evidenziano la non rispondenza al vero della tesi difensiva”.