Decreto 27 settembre 2010 Discariche

(Gu 1° dicembre 2010 n. 281) Definizione dei criteri di ammissibilità dei rifiuti in discarica.

Il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare di concerto con Il Ministro dello sviluppo economico e con Il Ministro della salute

Vista la direttiva 1999/31/Ce del Consiglio del 26 aprile 1999, relativa alle discariche dei rifiuti e, in particolare, l’allegato II;
Vista la decisione 2003/33/Ce del Consiglio del 19 dicembre 2002, che stabilisce criteri e procedure per l’ammissione dei rifiuti nelle discariche ai sensi dell’articolo 16 e dell’allegato II della direttiva 1999/31/Ce;
Visto il decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36, recante attuazione della direttiva 1999/31/Ce relativa alle discariche di rifiuti e, in particolare, l’articolo 7, comma 5, che demanda ad un apposito decreto la definizione dei criteri di ammissibilità in discarica dei rifiuti;
Visto il regolamento (Ce) n. 850/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, relativo agli inquinanti organici persistenti, e successive modificazioni;
Considerato che sono intervenute modifiche per quanto riguarda le metodiche analitiche relative ai rifiuti, con particolare riferimento alla Norma Uni 10802;
Considerato altresì che il decreto legislativo n. 59 del 18 febbraio 2005 ha abrogato l’articolo 10, comma 4, del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36;
Sentito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, espresso nella seduta del 6 maggio 2010

Decreta:
Articolo 1
Principi generali

1. Il presente decreto stabilisce i criteri e le procedure di ammissibilità dei rifiuti nelle discariche, in conformità a quanto stabilito dal decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36.
2. I rifiuti sono ammessi in discarica, esclusivamente, se risultano conformi ai criteri di ammissibilità della corrispondente categoria di discarica secondo quanto stabilito dal presente decreto.
3. Per accertare l’ammissibilità dei rifiuti nelle discariche sono impiegati i metodi di campionamento e analisi di cui all’allegato 3 del presente decreto.
4. Tenuto conto che le discariche per rifiuti pericolosi hanno un livello di tutela ambientale superiore a quelle per rifiuti non pericolosi, e che queste ultime hanno un livello di tutela ambientale superiore a quelle per rifiuti inerti, è ammesso il conferimento di rifiuti che soddisfano i criteri per l’ammissione ad ogni categoria di discarica in discariche aventi un livello di tutela superiore.

5. Lo smaltimento in discarica di rifiuti contenenti o contaminati da inquinanti organici persistenti deve essere effettuato conformemente a quanto previsto dal Regolamento (Ce) n. 850/2004 e successive modificazioni.
Articolo 2
Caratterizzazione di base

1. Al fine di determinare l’ammissibilità dei rifiuti in ciascuna categoria di discarica, così come definite dall’articolo 4 del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36, il produttore dei rifiuti è tenuto ad effettuare la caratterizzazione di base di ciascuna tipologia di rifiuti conferiti in discarica. Detta caratterizzazione deve essere effettuata prima del conferimento in discarica ovvero dopo l’ultimo trattamento effettuato.
2. La caratterizzazione di base determina le caratteristiche dei rifiuti attraverso la raccolta di tutte le informazioni necessarie per lo smaltimento finale in condizioni di sicurezza. La caratterizzazione di base è obbligatoria per qualsiasi tipo di rifiuto ed è effettuata nel rispetto delle prescrizioni stabilite nell’allegato 1 al presente decreto.
3. La caratterizzazione di base è effettuata in corrispondenza del primo conferimento e ripetuta ad ogni variazione significativa del processo che origina i rifiuti e, comunque, almeno una volta l’anno.
4. Se le caratteristiche di base di una tipologia di rifiuti dimostrano che gli stessi soddisfano i criteri di ammissibilità per una categoria di discarica, tali rifiuti sono considerati ammissibili nella corrispondente categoria. La mancata conformità ai criteri comporta l’inammissibilità dei rifiuti a tale categoria.
5. Al produttore dei rifiuti o, in caso di non determinabilità del produttore, al gestore ai sensi dell’articolo 2, comma 1, lettera o) del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36, spetta la responsabilità di garantire che le informazioni fornite per la caratterizzazione siano corrette.

6. Il gestore è tenuto a conservare i dati richiesti per un periodo di cinque anni.
Articolo 3
Verifica di conformità

1. I rifiuti giudicati ammissibili in una determinata categoria di discarica in base alla caratterizzazione di cui all’articolo 2 del presente decreto, sono successivamente sottoposti alla verifica di conformità per stabilire se possiedono le caratteristiche della relativa categoria e se soddisfano i criteri di ammissibilità previsti dal presente decreto.
2. La verifica di conformità è effettuata dal gestore sulla base dei dati forniti dal produttore in esito alla fase di caratterizzazione con la medesima frequenza prevista dal comma 3 dell’articolo 2.
3. Ai fini della verifica di conformità, il gestore utilizza una o piu’ delle determinazioni analitiche impiegate per la caratterizzazione di base. Tali determinazioni devono comprendere almeno un test di cessione per lotti. A tal fine, nelle more dell’emanazione della norma relativa al test di cessione a lungo termine, sono utilizzati i metodi di campionamento e analisi di cui all’allegato 3 del presente decreto.

4. Il gestore è tenuto a conservare i dati relativi ai risultati delle prove per un periodo di cinque anni.
Articolo 4
Verifica in loco

1. Per l’ammissione in discarica, il gestore dell’impianto deve sottoporre ogni carico di rifiuti ad ispezione prima e dopo lo scarico e controllare la documentazione attestante che il rifiuto è conforme ai criteri di ammissibilità previsti dal presente decreto per la specifica categoria di discarica.
2. I rifiuti smaltiti dal produttore in una discarica da lui gestita possono essere sottoposti a verifica nel luogo di produzione.
3. I rifiuti sono ammessi in discarica solo se risultano conformi a quelli che sono stati sottoposti alla caratterizzazione di base e alla verifica di conformità di cui agli articoli 2 e 3 del presente decreto e se sono conformi alla descrizione riportata nei documenti di accompagnamento secondo le modalità previste dall’articolo 11, comma 3, del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36.

4. Al momento del conferimento dei rifiuti in discarica sono prelevati campioni con cadenza stabilita dall’autorità territorialmente competente e, comunque, con frequenza non superiore a un anno. I campioni prelevati devono essere conservati presso l’impianto di discarica e tenuti a disposizione dell’autorità territorialmente competente per un periodo non inferiore a due mesi, secondo quanto previsto dall’articolo 11, comma 3, lettera f) del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36.
Articolo 5
Impianti di discarica per rifiuti inerti

1. Fatto salvo quanto previsto dall’articolo 10 del presente decreto, sono smaltiti nelle discariche per rifiuti inerti:

a) i rifiuti elencati nella tabella 1 senza essere sottoposti ad accertamento analitico, in quanto sono considerati già conformi ai criteri specificati nella definizione di rifiuti inerti di cui all’articolo 2, comma 1, lettera e) del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36 ed ai criteri di ammissibilità stabiliti dal presente decreto. Si deve trattare di una singola tipologia di rifiuti proveniente da un unico processo produttivo. Sono ammesse, insieme, diverse tipologie di rifiuti elencati nella tabella 1, purchè provenienti dallo stesso processo produttivo;
b) i rifiuti inerti che, a seguito della caratterizzazione di base di cui all’articolo 2, soddisfano i seguenti requisiti:
sottoposti a test di cessione di cui all’allegato 3 del presente decreto, presentano un eluato conforme alle concentrazioni fissate nella tabella 2 del presente decreto;
non contengono contaminanti organici in concentrazioni superiori a quelle indicate nella tabella 3 del presente decreto.

2. È vietato il conferimento in discarica per inerti di rifiuti che contengono Pcb, come definiti dal decreto legislativo 22 maggio 1999, n. 209, in concentrazione superiore a 1 mg/kg e che contengono diossine e furani, calcolati secondo i fattori di equivalenza di cui alla tabella 4, in concentrazione superiore a 0,0001 mg/kg. Per gli altri inquinanti organici persistenti si applicano i limiti di cui all’allegato IV del Regolamento (Ce) n. 850/2004 e successive modificazioni.

3. Qualora sia dubbia la conformità dei rifiuti ai criteri specificati nella definizione di rifiuti inerti di cui all’articolo 2, comma 1, lettera e) del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36, ovvero si sospetti una contaminazione (da un esame visivo o in relazione all’origine del rifiuto), anche i rifiuti di cui alla tabella 1 sono sottoposti ad analisi o semplicemente respinti dal gestore. I rifiuti elencati non possono essere ammessi in una discarica per rifiuti inerti se risultano contaminati o contengono altri materiali o sostanze come metalli, amianto, plastica, sostanze chimiche in quantità tale da aumentare il rischio per l’ambiente o da determinare il loro smaltimento in una discarica appartenente ad una categoria diversa.
Articolo 6
Impianti di discarica per rifiuti non pericolosi

1. Nelle discariche per rifiuti non pericolosi è consentito lo smaltimento, senza caratterizzazione analitica, dei seguenti rifiuti:

a) i rifiuti urbani di cui all’articolo 2, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36 classificati come non pericolosi nel capitolo 20 dell’elenco europeo dei rifiuti, le frazioni non pericolose dei rifiuti domestici raccolti separatamente e i rifiuti non pericolosi assimilati per qualità e quantità ai rifiuti urbani;
b) i rifiuti non pericolosi individuati in una lista positiva definita con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri delle attività produttive e della salute, sentito il parere della Conferenza Stato-Regioni.
2. I rifiuti di cui al comma 1, lettera a) sono ammessi in questa tipologia di discarica se risultano conformi a quanto previsto dall’articolo 7 del decreto legislativo n. 36 del 2003; non sono ammessi se risultano contaminati a un livello tale che il rischio associato al rifiuto giustifica il loro smaltimento in altri impianti. Detti rifiuti non possono essere ammessi in aree in cui sono ammessi rifiuti pericolosi stabili e non reattivi.
3. Fatto salvo quanto previsto all’articolo 10 del presente decreto, nelle discariche per rifiuti non pericolosi sono smaltiti rifiuti non pericolosi che hanno una concentrazione di sostanza secca non inferiore al 25% e che, sottoposti a test di cessione di cui all’allegato 3, presentano un eluato conforme alle concentrazioni fissate in tabella 5.

4. Fatto salvo quanto previsto all’articolo 10 del presente decreto, nelle discariche per rifiuti non pericolosi sono, altresì, smaltiti rifiuti pericolosi stabili non reattivi (ad esempio, sottoposti a processo di solidificazione/stabilizzazione, vetrificati) che:

a) sottoposti a test di cessione di cui all’allegato 3 presentano un eluato conforme alle concentrazioni fissate in tabella 5a;

b) hanno una concentrazione in carbonio organico totale (Toc) non superiore al 5%;
c) hanno il pH non inferiore a 6 e la concentrazione di sostanza secca non inferiore al 25%;
d) tali rifiuti non devono essere smaltiti in aree destinate ai rifiuti non pericolosi biodegradabili.

5. Fatto salvo quanto previsto dall’articolo 10 del presente decreto, nelle aree delle discariche per rifiuti non pericolosi destinate a ricevere rifiuti pericolosi stabili e non reattivi, possono essere smaltiti rifiuti non pericolosi che rispettino le condizioni di cui alla tabella 5a.

6. Fatto salvo quanto previsto dall’articolo 10 del presente decreto, in discarica per rifiuti non pericolosi, è vietato il conferimento di rifiuti che:
a) contengono Pcb come definiti dal decreto legislativo 22 maggio 1999, n. 209, in concentrazione superiore a 10 mg/kg;

b) contengono diossine o furani calcolati secondo i fattori di equivalenza di cui alla tabella 4 in concentrazioni superiori a 0.002 mg/kg;
c) contengono inquinanti organici persistenti di cui al regolamento (Ce) n.850/2004 e successive modificazioni, non individuati nelle precedenti lettere a) e b), in concentrazioni superiori ai limiti di cui all’allegato IV del medesimo regolamento.

7. Possono essere, inoltre, smaltiti nelle discariche per rifiuti non pericolosi i seguenti rifiuti:

a) i rifiuti costituiti da fibre minerali artificiali, indipendentemente dalla loro classificazione come pericolosi o non pericolosi. Il deposito dei rifiuti contenenti fibre minerali artificiali deve avvenire direttamente all’interno della discarica in celle appositamente ed esclusivamente dedicate ed effettuato in modo tale da evitare la frantumazione dei materiali. Dette celle sono realizzate con gli stessi criteri adottati per le discariche dei rifiuti inerti. Le celle sono coltivate ricorrendo a sistemi che prevedano la realizzazione di settori o trincee. Sono spaziate in modo da consentire il passaggio degli automezzi senza causare la frantumazione dei rifiuti contenenti fibre minerali artificiali.
Entro la giornata di conferimento, deve essere assicurata la ricopertura del rifiuto con materiale adeguato, avente consistenza plastica, in modo da adattarsi alla forma ed ai volumi dei materiali da ricoprire e da costituire un’adeguata protezione contro la dispersione di fibre. Nella definizione dell’uso dell’area dopo la chiusura devono essere prese misure adatte ad impedire il contatto tra rifiuti e persone;

b) i materiali non pericolosi a base di gesso. Tali rifiuti non devono essere depositati in aree destinate ai rifiuti non pericolosi biodegradabili. I rifiuti collocati in discarica insieme ai materiali a base di gesso devono avere una concentrazione in Toc non superiore al 5% ed un valore di Doc non superiore al limite di cui alla tabella 5a;
c) i materiali edili contenenti amianto legato in matrici cementizie o resinoidi in conformità con l’articolo 7, comma 3, lettera c) del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36, senza essere sottoposti a prove. Le discariche che ricevono tali materiali devono rispettare i requisiti indicati all’allegato 2 del presente decreto.

In questo caso le prescrizioni stabilite nell’allegato 1, punti 2.4.2 e 2.4.3 del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36 possono essere ridotte dall’autorità territorialmente competente.

Articolo 7
Sottocategorie di discariche per rifiuti non pericolosi

1. Nel rispetto dei principi stabiliti dal decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36, le autoritA’ territorialmente competenti possono autorizzare, anche per settori confinati, le seguenti sottocategorie di discariche per rifiuti non pericolosi:

a) discariche per rifiuti inorganici a basso contenuto organico o biodegradabile;
b) discariche per rifiuti in gran parte organici da suddividersi in discariche considerate bioreattori con recupero di biogas e discariche per rifiuti organici pretrattati;
c) discariche per rifiuti misti non pericolosi con elevato contenuto sia di rifiuti organici o biodegradabili che di rifiuti inorganici, con recupero di biogas.

2. I criteri di ammissibilità per le sottocategorie di discariche di cui al comma 1 vengono individuati dalle autorità territorialmente competenti in sede di rilascio dell’autorizzazione.
I criteri sono stabiliti, caso per caso, tenendo conto delle caratteristiche dei rifiuti, della valutazione di rischio con riguardo alle emissioni della discarica e dell’idoneità del sito e prevedendo deroghe per specifici parametri. A titolo esemplificativo e non esaustivo i parametri derogabili sono Doc, Toc e Tds.

3. Le autorità territorialmente competenti possono, altresì, autorizzare monodiscariche per rifiuti non pericolosi derivanti da operazioni di messa in sicurezza d’emergenza e da operazioni di bonifica dei siti inquinati ai sensi del Titolo V della Parte IV del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, prendendo in considerazione i parametri previsti dalla tabella 1, colonna B, dell’allegato 5 al titolo V della parte IV del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.
Articolo 8
Impianti di discarica per rifiuti pericolosi

1. Fatto salvo quanto previsto all’articolo 10 del presente decreto, nelle discariche per rifiuti pericolosi sono smaltiti i rifiuti pericolosi che soddisfano tutti i seguenti requisiti:

a) sottoposti a test di cessione di cui all’allegato 3 presentano un eluato conforme alle concentrazioni fissate in tabella 6;

b) contengono Pcb come definiti dal decreto 22 maggio 1999, n. 209, in concentrazione non superiore a 50 mg/kg;
c) contengono diossine o furani calcolati secondo i fattori di equivalenza di cui alla tabella 4 in concentrazioni non superiori 0,01 mg/kg;

d) la percentuale di sostanza secca sul tal quale non deve essere inferiore al 25%;

e) il Toc non deve essere superiore al 6%;

f) per gli inquinanti organici persistenti diversi da quelli indicati alle precedenti lettere b) e c) si applicano i limiti di concentrazione di cui all’allegato IV del Regolamento (Ce) 850/2004 e successive modificazioni, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 7 paragrafo 4, lettera b) dello stesso Regolamento;

2. Le analisi di controllo relative ai parametri di cui al comma 1, lettere b) e c) ed f) possono essere disposte, con oneri a carico del detentore dei rifiuti e del gestore della discarica, dall’autorità territorialmente competente qualora la provenienza del rifiuto determini il fondato sospetto di un eventuale superamento dei limiti.

3. Le autorità competenti possono autorizzare all’interno di discariche per rifiuti pericolosi, caso per caso, previa valutazione del rischio, lotti identificati come sottocategorie di discariche per rifiuti non pericolosi di cui all’articolo 7, purchè sia garantita all’ingresso al sito la separazione dei flussi di rifiuti non pericolosi da quelli pericolosi.
Articolo 9
Criteri di ammissibilità in depositi sotterranei
1. Sono ammessi in depositi sotterranei i rifiuti inerti, i rifiuti non pericolosi e i rifiuti pericolosi, ad esclusione di quelli indicati al comma 3.
2. Ai fini dell’ammissione dei rifiuti in depositi sotterranei, è effettuata da parte del soggetto che richiede l’autorizzazione, la valutazione della sicurezza conformemente a quanto stabilito al punto 3 dell’allegato 1 al decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36 e degli ulteriori criteri stabiliti nell’allegato 4 al presente decreto. I rifiuti sono ammessi in deposito sotterraneo solo se compatibili con tale valutazione.
3. Non possono essere collocati in depositi sotterranei i rifiuti che possono subire trasformazioni indesiderate di tipo fisico, chimico o biologico dopo il deposito. Fra questi sono compresi:
a) i rifiuti elencati all’articolo 6, comma 1 del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36;
b) i rifiuti e i loro contenitori se suscettibili di reagire a contatto con l’acqua o con la roccia ospitante nelle condizioni previste per lo stoccaggio e subire quindi:
un cambiamento di volume;
una generazione di sostanze o gas autoinfiammabili o tossici o esplosivi, o qualunque altra reazione che possa rappresentare un rischio per la sicurezza operativa e/o per l’integrità della barriera;
c) i rifiuti biodegradabili;
d) i rifiuti dall’odore pungente;
e) i rifiuti che possono generare una miscela gas-aria tossica o esplosiva, e in particolare i rifiuti che:
provocano concentrazioni di gas tossici per le pressioni parziali dei componenti;
in condizioni di saturazione in un contenitore formano concentrazioni superiori del 10% alla concentrazione che corrisponde al limite inferiore di esplosività;
f) i rifiuti con un’insufficiente stabilità tenuto conto delle condizioni geomeccaniche;
g) i rifiuti autoinfiammabili o soggetti a combustione spontanea nelle condizioni previste per lo stoccaggio, i prodotti gassosi, i rifiuti volatili, i rifiuti provenienti dalla raccolta sotto forma di miscele non identificate.

4. Ai fini dell’ammissione dei rifiuti in deposito sotterraneo, è effettuata da parte del soggetto che richiede l’autorizzazione, la valutazione dei rischi specifici per il sito in cui avviene il deposito in questione, in conformità a quanto previsto al punto 1.2 dell’allegato 4. Tale valutazione deve accertare che il livello di isolamento del deposito sotterraneo dalla biosfera è accettabile.
5. I rifiuti suscettibili di reagire nel caso di contatto reciproco devono essere definiti e classificati in gruppi di compatibilità; i differenti gruppi di compatibilità devono essere fisicamente separati nella fase di stoccaggio.
Articolo 10
Deroghe

1. Sono ammessi valori limite piu’ elevati per i parametri specifici fissati agli articoli 5, 6, 8 e 9 del presente decreto qualora:
a) sia effettuata una valutazione di rischio, con particolare riguardo alle emissioni della discarica, che, tenuto conto dei limiti per i parametri specifici previsti dal presente decreto, dimostri che non esistono pericoli per l’ambiente in base alla valutazione dei rischi;
b) l’autorità territorialmente competente conceda un’autorizzazione presa, caso per caso, per rifiuti specifici per la singola discarica, tenendo conto delle caratteristiche della stessa discarica e delle zone limitrofe;
c) i valori limite autorizzati per la specifica discarica non superino, per piu’ del triplo, quelli specificati per la corrispondente categoria di discarica e, limitatamente al valore limite relativo al parametro Toc nelle discariche per rifiuti inerti, il valore limite autorizzato non superi, per piu’ del doppio, quello specificato per la corrispondente categoria di discarica.
2. In presenza di concentrazioni elevate di metalli nel fondo naturale dei terreni circostanti la discarica, l’autorità territorialmente competente può stabilire limiti piu’ elevati coerenti con tali concentrazioni.
3. Le disposizioni di cui al comma 1 non si applicano ai seguenti parametri:

a) carbonio organico disciolto (Doc) di cui alle tabelle 2, 5a e 6;
b) Btex e olio minerale di cui alla tabella 3;

c) Pcb di cui all’articolo 5, comma 2;
d) carbonio organico totale (Toc) e pH nelle discariche per rifiuti non pericolosi che smaltiscono rifiuti pericolosi stabili e non reattivi;
e) carbonio organico totale (Toc) nelle discariche per rifiuti pericolosi.

4. Con cadenza triennale, il Ministero dell’ambiente e tutela del territorio, nell’ambito degli obblighi di relazione sull’attuazione della direttiva 1999/31/Ce previsti dall’articolo 15 della medesima direttiva, invia alla commissione una relazione sul numero annuale di autorizzazioni concesse in virtu’ del presente articolo sulla base delle informazioni ricevute dall’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), ai sensi dell’articolo 2, comma 1, lettera b), del decreto del Ministro dell’ambiente 4 agosto 1998, n. 372. La relazione è elaborata in base al questionario adottato con la decisione 2000/738/Ce del 17 novembre 2000 della Commissione.
Articolo 11
Abrogazioni

1. A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto, è abrogato il decreto ministeriale 3 agosto 2005 del Ministro dell’ambiente e tutela del territorio, pubblicato nella Gazzetta ufficiale del 3 agosto 2005, n. 201, Serie Generale.

Il presente decreto sarà sottoposto al preventivo controllo di legittimità della Corte dei Conti e pubblicato nella Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana.

Roma, 27 settembre 2010

Allegato 1
Caratterizzazione di base

La caratterizzazione di base consiste nella determinazione delle caratteristiche dei rifiuti, realizzata con la raccolta di tutte le informazioni necessarie per uno smaltimento finale in condizioni di sicurezza.

1. Scopi della caratterizzazione di base.

La caratterizzazione di base ha i seguenti scopi:
a) fornire le informazioni fondamentali in merito ai rifiuti (tipo e origine, composizione, consistenza, tendenza a produrre percolato e ove necessario e ove possibile, altre caratteristiche);
b) fornire le informazioni fondamentali per comprendere il comportamento dei rifiuti nelle discariche e individuare le possibilità di trattamento previste all’articolo 7, comma 1 del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36;
c) fornire una valutazione dei rifiuti tenendo conto dei valori limite;
d) individuare le variabili principali (parametri critici) per la verifica di conformità di cui all’articolo 3 del presente decreto e le eventuali possibilità di semplificare i test relativi (in modo da ridurre il numero dei componenti da misurare, ma solo dopo verifica delle informazioni pertinenti).
Determinando le caratteristiche dei rifiuti si possono stabilire dei rapporti tra la caratterizzazione di base e i risultati delle procedure di test semplificate, nonchè la frequenza delle verifiche di conformità.
2. Requisiti fondamentali per la caratterizzazione di base.
I requisiti fondamentali per la caratterizzazione di base dei rifiuti sono i seguenti:
a) fonte ed origine dei rifiuti;
b) le informazioni sul processo che ha prodotto i rifiuti (descrizione e caratteristiche delle materie prime e dei prodotti);
c) descrizione del trattamento dei rifiuti effettuato ai sensi dell’articolo 7, comma 1 del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36 o una dichiarazione che spieghi perchè tale trattamento non è considerato necessario;
d) i dati sulla composizione dei rifiuti e sul comportamento del percolato quando sia presente;
e) aspetto dei rifiuti (odore, colore, morfologia);
f) codice dell’elenco europeo dei rifiuti (decisione 2000/532/Ce della Commissione e successive modificazioni)
g) per i rifiuti pericolosi: le proprietà che rendono pericolosi i rifiuti, a norma dell’allegato III della direttiva 91/689/Cee del 12 dicembre 1991 del Consiglio, relativa ai rifiuti pericolosi;
h) le informazioni che dimostrano che i rifiuti non rientrano tra le esclusioni di cui all’articolo 6, comma 1 del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36;
i) la categoria di discarica alla quale i rifiuti sono ammissibili;
j) se necessario, le precauzioni supplementari da prendere alla discarica;
k) un controllo diretto ad accertare se sia possibile riciclare o recuperare i rifiuti.
3. Caratterizzazioni analitiche.
Per ottenere le informazioni di cui al precedente punto 2 è necessario sottoporre i rifiuti a caratterizzazione analitica. Oltre al comportamento dell’eluato deve essere nota la composizione dei rifiuti o deve essere determinata mediante caratterizzazione analitica. Le determinazioni analitiche previste per determinare le tipologie di rifiuti devono sempre comprendere quelle destinate a verificarne la conformità.
La determinazione delle caratteristiche dei rifiuti, la gamma delle determinazioni analitiche richieste e il rapporto tra caratterizzazione dei rifiuti e verifica della loro conformità dipendono dal tipo di rifiuti. Ai fini della caratterizzazione analitica si individuano due tipologie di rifiuti:
a) rifiuti regolarmente generati nel corso dello stesso processo;
b) rifiuti non generati regolarmente.
Le caratterizzazioni descritte alle lettere a) e b) danno informazioni che possono essere direttamente messe in relazione con i criteri di ammissibilità alla categoria di discarica corrispondente;
è possibile inoltre fornire informazioni descrittive (come ad esempio le conseguenze del loro deposito insieme a rifiuti urbani).
a) Rifiuti regolarmente generati nel corso dello stesso processo.
I rifiuti regolarmente generati sono quelli specifici ed omogenei prodotti regolarmente nel corso dello stesso processo, durante il quale:
l’impianto e il processo che generano i rifiuti sono ben noti e le materie coinvolte nel processo e il processo stesso sono ben definiti;
il gestore dell’impianto fornisce tutte le informazioni necessarie ed informa il gestore della discarica quando intervengono cambiamenti nel processo (in particolare, modifiche dei materiali impiegati)
Il processo si svolge spesso presso un unico impianto. I rifiuti possono anche provenire da impianti diversi, se è possibile considerarli come un flusso unico che presenta caratteristiche comuni, entro limiti noti (ad esempio le ceneri dei rifiuti urbani).
Per l’individuazione dei rifiuti generati regolarmente, devono essere tenuti presenti i requisiti fondamentali di cui al punto 2 del presente allegato e in particolare:
la composizione dei singoli rifiuti;
la variabilità delle caratteristiche;
se prescritto, il comportamento dell’eluato dei rifiuti, determinato mediante un test di cessione per lotti;
le caratteristiche principali, da sottoporre a determinazioni analitiche periodiche.
Se i rifiuti derivano dallo stesso processo ma da impianti diversi, occorre effettuare un numero adeguato di determinazioni analitiche per evidenziare la variabilità delle caratteristiche dei rifiuti. In tal modo risulta effettuata la caratterizzazione di base e i rifiuti dovranno essere sottoposti soltanto alla verifica di conformità, a meno che, il loro processo di produzione cambi in maniera significativa
Per i rifiuti che derivano dallo stesso processo e dallo stesso impianto, i risultati delle determinazioni analitiche potrebbero evidenziare variazioni minime delle proprietà dei rifiuti in relazione ai valori limite corrispondenti. In tal modo risulta effettuata la caratterizzazione di base e i rifiuti dovranno essere sottoposti soltanto alla verifica di conformità, a meno che, il loro processo di produzione cambi in maniera significativa.
I rifiuti provenienti da impianti che effettuano lo stoccaggio e la miscelazione di rifiuti, da stazioni di trasferimento o da flussi misti di diversi impianti di raccolta, possono presentare caratteristiche estremamente variabili e occorre tenerne conto per stabilire la tipologia di appartenenza (tipologia a: rifiuti regolarmente generati nel corso dello stesso processo o tipologia b: rifiuti non generati regolarmente). Tale variabilità fa propendere verso la tipologia b.

b) Rifiuti non generati regolarmente.

I rifiuti non generati regolarmente sono quelli non generati regolarmente nel corso dello stesso processo e nello stesso impianto e che non fanno parte di un flusso di rifiuti ben caratterizzato. In questo caso è necessario determinare le caratteristiche di ciascun lotto e la loro caratterizzazione di base deve tener conto dei requisiti fondamentali di cui al punto 2. Per tali rifiuti, devono essere determinate le caratteristiche di ogni lotto; pertanto, non deve essere effettuata la verifica di conformità.

4. Casi in cui non sono necessarie le caratterizzazioni analitiche.

Oltre a quanto previsto alla tabella 1 e all’articolo 6, comma 7 lettera c), ai fini della caratterizzazione di base, non sono necessarie le determinazioni analitiche di cui al punto 3 del presente allegato qualora:
i rifiuti siano elencati in una lista positiva, compresi i rifiuti individuati dal decreto di cui all’articolo 6, comma 1, lettera b) del presente decreto;

tutte le informazioni relative alla caratterizzazione dei rifiuti sono note e ritenute idonee dall’autorità territorialmente competente al rilascio dell’autorizzazione di cui all’articolo 10 del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36;
si tratti di tipologie di rifiuti per i quali non risulta pratico effettuare le caratterizzazioni analitiche o per cui non sono disponibili metodi di analisi. In questo caso, il detentore dei rifiuti deve fornire adeguata documentazione con particolare riguardo ai motivi per cui i rifiuti, non sottoposti a caratterizzazioni analitiche, sono ammissibili ad una determinata categoria di discarica.
Allegato 2
Criteri di ammissibilità dei rifiuti di amianto o contenenti amianto

1. Principi.

I rifiuti di amianto o contenenti amianto possono essere conferiti nelle seguenti tipologie di discarica:

a) discarica per rifiuti pericolosi, dedicata o dotata di cella dedicata;

b) discarica per rifiuti non pericolosi, dedicata o dotata di cella monodedicata per i rifiuti individuati dal codice dell’elenco europeo dei rifiuti 17 06 05; per le altre tipologie di rifiuti contenenti amianto, purchè sottoposti a processi di trattamento ai sensi di quanto previsto dal decreto ministeriale n. 248 del 29 luglio 2004 e con valori conformi alla tabella 1, verificati con periodicità stabilita dall’autorità competente presso l’impianto di trattamento.
Allegato 3
Campionamento e analisi dei rifiuti
Il campionamento, le determinazioni analitiche per la caratterizzazione di base e la verifica di conformità sono effettuati con oneri a carico del detentore dei rifiuti o del gestore della discarica, da persone ed istituzioni indipendenti e qualificate. I laboratori devono possedere una comprovata esperienza nel campionamento ed analisi dei rifiuti e un efficace sistema di controllo della qualità.
Il campionamento e le determinazioni analitiche possono essere effettuate dai produttori di rifiuti o dai gestori qualora essi abbiano costituito un appropriato sistema di garanzia della qualità, compreso un controllo periodico indipendente.

1. Metodo di campionamento ed analisi del rifiuto urbano biodegradabile.

Il campionamento della massa di rifiuti da sottoporre alla successiva analisi deve essere effettuato tenendo conto della composizione merceologica, secondo il metodo di campionamento ed analisi Irsa, Cnr, Norma Cii-Uni 9246.
Secondo quanto previsto dalla direttiva 1999/31/Ce, articolo 2, lettera m), devono essere considerati fra i rifiuti urbani biodegradabili gli alimenti, i rifiuti dei giardini, la carta ed il cartone, i pannolini e gli assorbenti.

2. Analisi degli eluati e dei rifiuti.

Il campionamento dei rifiuti ai fini della loro caratterizzazione chimico-fisica deve essere effettuato in modo tale da ottenere un campione rappresentativo secondo i criteri, le procedure, i metodi e gli standard di cui alla norma Uni 10802 “Rifiuti liquidi, granulari, pastosi e fanghi — Campionamento manuale e preparazione ed analisi degli eluati” e alle norme Uni En 14899 e Uni En 15002.
Le prove di eluizione per la verifica dei parametri previsti dalle tabelle 2, 5, 5a e 6 del presente decreto sono effettuate secondo le metodiche per i rifiuti monolitici e granulari di cui alla Norma Uni 10802.
La determinazione degli analiti negli eluati è effettuata secondo quanto previsto della norma Uni 10802. Per la determinazione del Doc si applica la norma Uni En 1484. I risultati delle analisi degli eluati sono espressi in mg/l; per i rifiuti granulari, per i quali si applica un rapporto liquido/solido di 10 l/kg di sostanza secca, tale valore di concentrazione, effettuando i test di cessione secondo le metodiche di cui alla Norma Uni 10802, equivale al risultato espresso in mg/kg di sostanza secca diviso per un fattore 10.
La determinazione del contenuto di oli minerali nella gamma C10-C40 è effettuata secondo la norma Uni En 14039.
Per la digestione dei rifiuti tal quali, sono utilizzati i metodi indicati dalle norme Uni En 13656 e Uni En 13657.
La determinazione del Toc nel rifiuto tal quale è effettuata secondo la norma Uni En 13137.
Il calcolo della sostanza secca è effettuato secondo la norma Uni En 14346.
Per determinare se un rifiuto si trova nello stato solido o liquido si applica il procedimento riportato nella norma Uni 10802.
La determinazione dei Pcb deve essere effettuata sui seguenti congeneri:
congeneri significativi da un punto di vista igienico-sanitario: 28, 52, 95, 99,101, 110, 128, 138, 146, 149, 151, 153, 170, 177, 180, 183, 187 congeneri individuati dall’Oms come “dioxin like”: 77, 81, 105, 114, 118, 123, 126, 156, 157, 167, 169, 189.
Le determinazioni analitiche di ulteriori parametri non specificatamente indicati dalle norme sopra riportate devono essere effettuate secondo metodi ufficiali riconosciuti a livello nazionale e/o internazionale.”.

3. Campionamento e analisi dei rifiuti contenenti amianto.

Per le discariche dove possono essere smaltiti rifiuti contenenti amianto le analisi devono essere integrate come segue.

3.1 Analisi del rifiuto.

Fatto salvo quanto disposto all’articolo 6, comma 6, lettera c), il contenuto di amianto in peso deve essere determinato analiticamente utilizzando una delle metodiche analitiche quantitative previste dal Dm 6 settembre 1994 del Ministro della sanità, la percentuale in peso di amianto presente, calcolata sul rifiuto dopo il trattamento, sarà ridotta dall’effetto diluizione della matrice inglobante rispetto al valore del rifiuto iniziale.
La densità apparente è determinata secondo le normali procedure di laboratorio standardizzate, con utilizzazione di specifica strumentazione (bilancia idrostatica, picnometro). La densità assoluta è determinata come media pesata delle densità assolute dei singoli componenti utilizzati nelle operazioni di trattamento dei rifiuti contenenti amianto e presenti nel materiale finale. La densità relativa è calcolata come rapporto tra la densità apparente e la densità assoluta.
L’indice di rilascio I.R. è definito come:

I.R. = frazione ponderale di amianto/densità relativa (essendo la frazione ponderale di amianto la % in peso di amianto/100).
L’indice di rilascio deve essere misurato sul rifiuto trattato, dopo che esso ha acquisito le caratteristiche di compattezza e solidità.

La prova deve essere eseguita su campioni, privi di qualsiasi contenitore o involucro, del peso complessivo non inferiore a 1 kg.
La valutazione dell’indice di rilascio deve essere eseguita secondo le modalità indicate nel piano di sorveglianza e controllo.

3.2. Analisi del particolato aerodisperso contenente amianto.

Vanno adottate le tecniche analitiche di microscopia ottica in contrasto di fase (Mocf); per la valutazione dei risultati delle analisi si deve far riferimento ai criteri di monitoraggio indicati nel Dm 6 settembre 1994 del Ministro della sanità.
Allegato 4
Valutazione della sicurezza ai fini dell’ammissione dei rifiuti in depositi sotterranei

1. Principi di sicurezza per tutti i tipi di deposito sotterraneo.

1.1. L’importanza della barriera geologica.

Lo smaltimento dei rifiuti in depositi sotterranei deve garantire l’isolamento dei rifiuti dalla biosfera. I rifiuti, la barriera geologica e le cavità, e in particolare le strutture artificiali, costituiscono un sistema che, come tutti gli altri aspetti tecnici, deve rispettare i prescritti requisiti.
In particolare, devono essere attuate le misure necessarie per impedire o limitare l’immissione di inquinanti nelle acque sotterranee e per impedire il deterioramento dello stato di tutti i corpi idrici sotterranei. A tal fine, deve essere effettuata la valutazione a lungo termine dell’impianto, in conformità a quanto stabilito al punto 1.2.7 del presente allegato.

1.2. Valutazione dei rischi specifica per il sito.

Per la valutazione dei rischi è necessario individuare: il rischio (nella fattispecie, i rifiuti depositati);
i ricettori (nella fattispecie, la biosfera e talvolta le acque sotterranee); le vie attraverso le quali le sostanze contenute nei rifiuti possono raggiungere la biosfera; la valutazione dell’impatto delle sostanze che possono raggiungere la biosfera.
I criteri di ammissibilità per il deposito sotterraneo devono essere basati sull’analisi della roccia ospitante, accertando che, per quanto riguarda il sito, non sia applicabile alcuna delle condizioni dell’allegato 1 del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36 ad eccezione dei paragrafi 1.2, 1.3 e 1.5 per gli impianti di discarica per rifiuti inerti e dei paragrafi 2.3, 2.4, 2.5 e 2.6 per gli impianti di discarica per rifiuti non pericolosi e pericolosi.
I criteri di ammissibilità devono essere determinati tenendo conto delle condizioni locali. A tale scopo è necessario accertare che gli strati sono adatti per la collocazione di un deposito, cioè valutare i rischi legati al contenimento, tenendo conto del sistema generale costituito dai rifiuti, dalle strutture e cavità artificiali e dalla natura della roccia ospitante.
La valutazione dei rischi dell’impianto specifica per il sito deve essere effettuata sia per la fase operativa che per la fase post-operativa. L’esito delle valutazioni consentirà di definire le misure di controllo e di sicurezza necessarie e di determinare i criteri di ammissibilità.

È necessario effettuare un’analisi integrata della valutazione delle prestazioni, che comprenda i seguenti aspetti:

1 valutazione geologica;

2 valutazione geomeccanica;

3 valutazione idrogeologica;

4 valutazione geochimica;

5 valutazione dell’impatto sulla biosfera;

6 valutazione della fase operativa;

7 valutazione a lungo termine;

8 valutazione dell’impatto di tutti gli impianti di superficie del sito.

1.2.1. Valutazione geologica.

È necessaria un’indagine della struttura geologica di un sito, se non è già nota, con ricerche ed analisi della tipologia delle rocce, dei suoli e della topografia. L’esame geologico serve ad accertare che il sito è adatto alla creazione di un deposito sotterraneo. Devono essere inseriti la collocazione, la frequenza e la struttura delle irregolarità o delle fratture degli strati geologici circostanti e l’impatto potenziale dell’attività sismica su tali strutture. E indispensabile prendere in considerazione anche siti alternativi.

1.2.2. Valutazione geomeccanica.

La stabilità delle cavità deve essere accertata con adeguate ricerche e modelli predittivi. La valutazione deve tenere conto anche dei rifiuti depositati. I processi vanno analizzati e documentati in maniera sistematica.

È necessario accertare che:

1) durante e dopo la formazione delle cavità, nè nella cavità stessa nè sulla superficie del suolo sono prevedibili deformazioni di rilievo che possano danneggiare la funzionalità del deposito sotterraneo o consentire un contatto con la biosfera;

2) la capacità di carico della cavità è sufficiente a prevenirne il crollo durante l’utilizzo;

3) il materiale depositato deve avere la stabilità necessaria ad assicurarne la compatibilità con le proprietà geomeccaniche della roccia ospitante.

1.2.3. Valutazione idrogeologica.

È indispensabile un’indagine approfondita delle caratteristiche idrauliche per valutare la configurazione dello scorrimento delle acque sotterranee negli strati circostanti, sulla base delle informazioni sulla conduttività idraulica della massa rocciosa, delle fratture e dei gradienti idraulici.

1.2.4. Valutazione geochimica.

È indispensabile un’indagine approfondita della composizione delle rocce e delle acque sotterranee per valutare la situazione attuale delle acque sotterranee e la loro evoluzione potenziale nel tempo, la natura e l’abbondanza dei minerali presenti nella frattura, nonchè una descrizione mineralogica quantitativa della roccia ospitante. Va valutata anche l’incidenza della variabilità sul sistema geochimico.

1.2.5. Valutazione dell’impatto sulla biosfera.

È indispensabile un’indagine sull’impatto del deposito sotterraneo sulla biosfera. Vanno svolti anche studi di base per determinare il livello delle sostanze coinvolte nell’ambiente naturale locale.

1.2.6. Valutazione della fase operativa.

Per quanto riguarda la fase operativa l’analisi deve accertare:

1) la stabilità delle cavità come stabilito al punto 1.2.2;

2) che non esistono rischi inaccettabili che si crei un contatto tra i rifiuti e la biosfera;

3) che non esistono rischi inaccettabili per l’esercizio dell’impianto.

L’accertamento della sicurezza operativa dell’impianto deve comprendere un’analisi sistematica del suo esercizio, sulla base di dati specifici relativi all’inventario dei rifiuti, alla gestione dell’impianto e al programma di attività. Va dimostrato che tra i rifiuti e la roccia non rischiano di crearsi reazioni chimiche o fisiche tali da danneggiare la robustezza e la tenuta della roccia e da mettere a rischio il deposito stesso. Per questo motivo, oltre ai rifiuti non ammissibili ai sensi dell’articolo 6 del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36 e dei rifiuti non ammessi al deposito sotterraneo ai sensi dell’articolo 9, comma 3 del presente decreto, non è consentito il conferimento di rifiuti potenzialmente soggetti alla combustione spontanea nelle condizioni di stoccaggio previste (temperatura, umidità), prodotti gassosi, rifiuti volatili, rifiuti provenienti dalla raccolta sotto forma di miscellanea non identificata.
Vanno individuati gli eventi particolari che potrebbero portare a una via di contatto tra i rifiuti e la biosfera durante la fase operativa. I diversi tipi di rischi operativi potenziali devono essere riassunti in categorie specifiche e ne devono essere valutati i possibili effetti, accertando che non esistono rischi inaccettabili
di una rottura del contenimento dell’operazione e prevedendo misure di emergenza.

1.2.7. Valutazione a lungo termine.

Per conseguire l’obiettivo di uno smaltimento sostenibile, la valutazione dei rischi deve comprendere previsioni di lungo termine.
Va accertato quindi che durante la fase post-operativa a lungo termine del deposito sotterraneo non si creeranno vie di contatto con la biosfera.
È necessario analizzare quantitativamente sul lungo periodo le barriere del sito di deposito sotterraneo (come la qualità dei rifiuti, le strutture artificiali, le opere di consolidamento e di sigillatura di pozzi e forature), le caratteristiche prestazionali della roccia ospitante, degli strati circostanti e del terreno di copertura e valutarle sulla base di dati specifici del sito o di calcoli deduttivi sufficientemente prudenti. Va tenuto conto anche delle condizioni geochimiche e geoidrologiche come la circolazione delle acque sotterranee (cfr. le sezioni 1.2.3 e 1.2.4), l’efficacia delle barriere, l’attenuazione naturale e il percolato dei rifiuti depositati.
La sicurezza a lungo termine di un deposito sotterraneo deve essere accertata attraverso un esame che comprenda una descrizione della situazione iniziale in un momento specifico (ad esempio il momento della chiusura) seguita da una previsione dei maggiori cambiamenti previsti nel tempo geologico. Vanno infine valutate le conseguenze del rilascio delle sostanze coinvolte dal deposito sotterraneo, in base a scenari previsionali diversi che tengano conto della possibile evoluzione a lungo termine della biosfera, della geosfera e del deposito sotterraneo.
Nel valutare i rischi legati ai rifiuti a lungo termine non è necessario tenere conto dei contenitori e del rivestimento delle cavità per la loro durata limitata.

1.2.8. Valutazione di impatto degli impianti di raccolta di superficie.

Anche quando sono destinati allo smaltimento sotterraneo, i rifiuti portati al sito vengono scaricati, sottoposti a prove ed eventualmente stoccatiin superficie prima di raggiungere la destinazione finale. Gli impianti di raccolta devono essere progettati e gestiti in maniera da evitare danni alla salute umana e all’ambiente locale e da rispettare gli stessi requisiti previsti per gli altri impianti di raccolta dei rifiuti.

1.2.9. Valutazione degli altri rischi.

Ai fini della protezione dei lavoratori, i rifiuti possono essere stoccati in un deposito sotterraneo solo se rigorosamente isolati da attività minerarie. Non sono ammessi rifiuti che contengono o possono produrre sostanze pericolose per la salute umana, come ad esempio germi patogeni di malattie contagiose.

2. Considerazioni supplementari in materia di miniere di salgemma.

2.1. Importanza della barriera geologica.

Per quanto riguarda i principi di sicurezza per le miniere di salgemma, la roccia che circonda i rifiuti riveste un duplice ruolo: roccia ospitante in cui sono incapsulati i rifiuti, strati soprastanti e sottostanti di rocce impermeabili (ad esempio di anidrite) che costituiscono una barriera geologica che impedisce alle acque sotterranee di penetrare nella discarica e che impedisce ai liquidi e ai gas di filtrare all’esterno dell’area di smaltimento. Nei punti in cui tale barriera geologica è attraversata da pozzi e perforazioni è necessario provvedere a sigillarli durante le operazioni per prevenire la penetrazione di acqua e poi chiuderli ermeticamente dopo la cessazione delle attività del deposito sotterraneo. Se l’estrazione dei minerali continua oltre il periodo di attività della discarica, dopo la cessazione delle attività di questa è indispensabile sigillare l’area di smaltimento con una diga impermeabile all’acqua, progettata calcolando la pressione idraulica operativa a tale profondità, in maniera che l’acqua che potrebbe filtrare nella miniera ancora in funzione non possa comunque penetrare nell’area di smaltimento, nelle miniere di salgemma il sale è considerato una barriera di contenimento totale. I rifiuti entrano quindi in contatto con la biosfera solo nel caso si verifichi un incidente o per effetto di un evento geologico a lungo termine come il movimento terrestre o l’erosione (per esempio nel caso di un aumento del livello del mare).
Non esistono probabilità molto elevate che i rifiuti subiscano alterazioni nelle condizioni previste per lo stoccaggio, ma occorre tenere conto delle conseguenze di possibili eventi sfavorevoli.

2.2. Valutazione a lungo termine.

La sicurezza a lungo termine di un deposito sotterraneo situato in uno strato roccioso di salgemma va accertata principalmente designando la roccia salina come barriera. La roccia salina risponde al requisito di impermeabilità ai gas e ai liquidi e, grazie alla sua natura convergente, è in grado di incapsulare i rifiuti e di isolarli completamente al termine del processo di trasformazione.
La natura convergente della roccia salina non è quindi in contrasto con la necessità di disporre di cavità stabili nella fase operativa. La stabilità è un fattore importante per garantire la sicurezza operativa e mantenere l’integrità della barriera geologica senza limitazioni di tempo, assicurando così la protezione della biosfera. I rifiuti devono essere mantenuti in isolamento permanente rispetto alla biosfera. Il cedimento controllato del terreno di copertura o altri difetti prevedibili a lungo termine sono accettabili solo se è possibile dimostrare che potranno verificarsi esclusivamente trasformazioni diverse dalla rottura, che rimarrà comunque integra la barriera geologica e che non si formeranno vie di contatto tra l’acqua e i rifiuti o i rifiuti e la biosfera.

3. Considerazioni supplementari con riferimento alla roccia dura.

Per stoccaggio in profondità nella roccia dura si intende lo stoccaggio sotterraneo a una profondità di parecchie centinaia di metri; la roccia dura può essere costituita da diverse rocce magmatiche come il granito o il gneiss, ma anche da rocce sedimentarie come il calcare o l’arenaria. A tale scopo ci si può servire di una miniera non piu’ sfruttata per le attività estrattive o di un impianto di stoccaggio nuovo.

3.1. Principi di sicurezza.

Nel caso di stoccaggio nella roccia dura non è possibile il contenimento totale e quindi è necessario costruire una struttura di deposito sotterraneo atta a far sì che l’attenuazione naturale degli strati circostanti riduca gli effetti degli agenti inquinanti impedendo così effetti negativi irreversibili nei confronti dell’ambiente. Sarà quindi la capacità dell’ambiente circostante di attenuare e degradare gli agenti inquinanti a determinare l’accettabilità di una fuga da una struttura di questo tipo.
Le prestazioni del sistema di stoccaggio sotterraneo vanno valutate in maniera globale, tenendo conto del funzionamento coerente delle diverse componenti del sistema. Nel caso di stoccaggio sotterraneo nella roccia dura, il deposito deve essere situato al di sotto della falda acquifera per prevenire il deterioramento delle acque sotterranee.
Lo stoccaggio nella roccia dura deve rispettare tale requisito, impedendo che qualunque fuga di sostanze pericolose dal deposito raggiunga la biosfera — e in particolare gli strati superiori della falda acquifera a contatto con essa — in quantità o concentrazioni tali da provocare effetti nocivi. È necessario quindi valutare l’afflusso delle acque verso e nella biosfera e l’impatto della variabilità sul sistema idrogeologico.
Il deterioramento a lungo termine dei rifiuti, dell’imballaggio e delle strutture artificiali può portare alla formazione di gas nel deposito sotterraneo nella roccia dura. Occorre quindi tenere conto di tale fattore nel progettare le strutture per lo stoccaggio sotterraneo di questo tipo.

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Mariano Fabris

Consulente e Resp. Tecnico in Materia di Gestione Rifiuti Cat 1,4,5,8 Preposto per il Trasporto Nazionale e Internazionale su strada di Merci.

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