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Deposito temporaneo rifiuti…questo perfetto sconosciuto

Nell’ambito delle mie attività professionali quando mi interfaccio con dei nuovi clienti, durante lo screening iniziale,  una delle mie prime richieste è quella di poter visionare il deposito temporaneo.

Le risposte che ottengo sono le più disparate, ed anche le espressioni del viso di fronte a questa domanda sono molto varie.

Ciò che ne ho concluso negli anni è che spesso i produttori di rifiuti speciali credono di adempiere ai propri obblighi semplicemente stipulando (quando accade) un contratto con un trasportatore “tutto fare” per “smaltire” i propri rifiuti.

Ad aprile ricevono una comunicazione dal loro trasportatore che dichiara di aver inviato per loro conto il MUD e nessuno si pone alcun problema su tutti gli altri adempimenti che gravitano intorno alla gestione dei rifiuti.

Chiaramente questa prassi è errata.

Tra gli aspetti più critici che si riscontrano nelle imprese, il più comune è proprio quello della cattiva gestione del deposito temporaneo, secondo solo alla tenuta del registro di carico e scarico.

Per i lettori che vorranno sforzarsi di arrivare in fondo a questo articolo e scoprire se nelle loro aziende il deposito temporaneo è correttamente progettato e gestito inizieremo con l’analisi della definizione normativa di questo luogo “oscuro” nel quale i rifiuti prodotti dovrebbero essere raggruppati e non accatastati.

L’articolo 183 comma 1 lett bb) del D.Lgs. 152/2006 recita che il deposito temporaneo è il luogo nel quale si effettua il raggruppamento dei rifiuti effettuato prima della raccolta, nel luogo in cui gli stessi sono prodotti, da intendersi quale l’intera area in cui si svolge l’attività che ha determinato la produzione dei rifiuti, alle seguenti condizioni:

  • I rifiuti contenenti gli inquinanti organici persistenti di cui al regolamento (CE) 850/2004, e successive modificazioni, devono essere depositati nel rispetto delle norme tecniche che regolano lo stoccaggio e l’imballaggio dei rifiuti contenenti sostanze pericolose e gestiti conformemente al suddetto regolamento;
  • I rifiuti devono essere raccolti ed avviati alle operazioni di recupero o di smaltimento secondo una della seguenti modalità alternative a scelta del produttore dei rifiuti: con cadenza almeno trimestrale, indipendentemente dalle quantità in deposito; quando il quantitativo di rifiuti in deposito raggiunga complessivamente i 30 metri cubi di cui al massimo 10 metri cubi di rifiuti pericolosi. In ogni caso, allorché il quantitativo di rifiuti non superi il predetto limite all’anno, il deposito temporaneo non può avere durata superiore ad un anno;
  • Il deposito temporaneo deve essere effettuato per categorie omogenee di rifiuti e nel rispetto delle relative norme tecniche, nonché, per i rifiuti pericolosi , nel rispetto delle nome che disciplinano il deposito delle sostanze pericolose in essi contenute;
  • Devono essere rispettate le norme che disciplinano l’imballaggio e l’etichettatura delle sostanze pericolose;
  • Per alcune categorie di rifiuto, individuate con decreto del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministero per lo sviluppo economico, sono fissate le modalità di gestione del deposito temporaneo.

Come si può osservare, le disposizioni in merito alla gestione del deposito temporaneo sono articolate e molto vincolanti lasciando poco spazio all’interpretazione. Spesso, purtroppo, nelle imprese il deposito temporaneo è molto più simile ad una discarica incontrollata o ad un magazzino appartenente ad un accumulatore seriale.

D’altro canto ho avuto la possibilità di incontrare imprese che hanno realizzato il proprio deposito temporaneo a regola d’arte, avendo cura di interpellare anche il proprio RSPP al fine di essere certi che le disposizioni ambientali di sposassero con quelle per la sicurezza.

Questi sono i risultati che ti fanno capire quanto il lavoro fatto sia stato valido ed apprezzato.

Realizzare un deposito temporaneo secondo le disposizioni ambientali non deve essere considerato semplicemente come uno spreco di tempo e denaro ma come una forma di investimento che può rendere l’impresa più efficiente, in grado di ridurre i rischi in materia di sicurezza sul lavoro, evitare sanzioni in caso di controllo, ma soprattutto avere un controllo puntuale dei rifiuti che vengono prodotti sia in termini quantitativi che economici.

Non dimentichiamo che durante i controlli degli organi di vigilanza, l’ispezione del deposito temporaneo è spesso una delle prime attività, unitamente al controllo del registro di carico e scarico.

Come abbiamo avuto modo di spiegare più volte nei precedenti articoli, il registro di carico e scarico deve fornire una “istantanea” di quanto è presente nel deposito temporaneo.

Ora probabilmente appare chiaro come mai insisto spesso nell’effettuare le annotazioni sul registro di carico e scarico secondo i dettami normativi evitando di effettuare il carico e lo scarico dei rifiuti il giorno in cui il trasportatore ha preso in carico i vostri rifiuti.

In caso di controllo, se i rifiuti sono presenti nel vostro deposito temporaneo e non sono annotati sul registro di carico e scarico, la sanzione per violazione della tenuta dei registri è immediata.

Analizziamo ora più da vicino cosa deve possedere un deposito temporaneo per essere considerato tale.

  • Il luogo nel quale il deposito temporaneo deve essere realizzato deve essere chiaramente indicato. Deve apparire chiaro al personale che quell’area, delimitata ed identificata, è adibita al raggruppamento dei rifiuti e che non è permesso al personale non autorizzato entrarci;
  • I rifiuti devono essere raggruppati per categorie omogenee. Ciò vuol dire che innanzitutto i rifiuti pericolosi devono essere distinti da quelli non pericolosi e che i rifiuti aventi codici CER diversi devono essere separati;
  • Non miscelare mai rifiuti tra di loro. Tale divieto vale sia per la miscelazione di rifiuti pericolosi e non pericolosi che per i rifiuti non pericolosi che, se miscelati, potrebbero dare origine a reazioni chimiche;
  • I rifiuti devono essere sempre etichettati. Le etichette devono recare il codice CER del rifiuto e la sua descrizione;
  • I rifiuti pericolosi devono oltre ad essere etichettati secondo quanto riportato al punto precedente, dovranno recare l’etichetta con la R nera su sfondo giallo delle dimensioni stabilite dalla normativa. Inoltre i rifiuti pericolosi dovranno essere identificati dalle corrette caratteristiche di pericolo e se necessario dagli opportuni pittogrammi di sicurezza;
  • I rifiuti, siano essi pericolosi e non pericolosi, dovranno essere imballati secondo le normative vigenti. Per esempio, le batterie al piombo dovranno essere contenute all’interno di apposito imballo in HDPE provvisto di vasca di recupero degli acidi in caso di sversamento;

Queste sono alcune delle indicazioni principali da tenere presenti quando si realizza un deposito temporaneo.

Ci sono dei limiti temporali o volumetrici?

La risposta ce la fornisce il legislatore che ha lasciato al produttore la possibilità di scegliere tra due modalità di gestione del deposito temporaneo. Tale scelta è dettata dalla quantità di rifiuti che vengono prodotti.

Il produttore di rifiuti può optare per l’avvio a recupero/smaltimento dei propri rifiuti con una cadenza trimestrale.

Pertanto i rifiuti non possono “sostare” nel deposito temporaneo per un periodo superiore ai 3 mesi dal momento in cui vengono prodotti ovvero annotati sul registro di carico e scarico rifiuti.

In alternativa, il produttore di rifiuti può decidere di raggruppare i propri rifiuti fino ad un massimo di 30 mc (per intenderci è la volumetria di un cassone scarrabile) di cui solo 10 mc sono riservati ai rifiuti pericolosi. Qualora questo quantitativo non dovesse essere raggiunto ad un anno dalla produzione del rifiuto, i rifiuti dovranno essere comunque avviati a recupero/smaltimento.

La domanda che spesso viene posta è: ma se produco pochi rifiuti posso tenerli in deposito temporaneo fino a quando non diventa conveniente (economicamente) chiamare il trasportatore?

La risposta è chiaramente NO. Abbiamo una indicazione normativa che non fornisce alcuno spazio di interpretazione e come tale deve essere rispettata.

Dove deve essere ubicato?

Grazie alle modifiche normative introdotte di recente, il deposito temporaneo può essere ubicato sull’intera area in cui i rifiuti sono prodotti.

Ciò vuol dire che il deposito temporaneo può non essere unico per l’intera impresa ma ve ne possono essere diversi distribuiti sull’intera area a seconda delle necessità dell’impresa e delle linee di produzione.

Deve essere autorizzato?

Il deposito temporaneo, se gestito secondo le prescrizioni normative non richiede alcuna autorizzazione. Nei casi in cui il produttore dei rifiuti abbia delle necessità di stoccaggio differenti da quelle previste dalla normativa, sarà necessario richiedere una regolare autorizzazione allo stoccaggio dei rifiuti avviando il normale iter autorizzativo.

Se ho un deposito temporaneo sono obbligato alla tenuta del registro di carico e scarico?

Il deposito temporaneo si configura ogni qual volta si producono rifiuti, siano essi pericolosi che non pericolosi.

La tenuta del registro di carico e scarico invece è obbligatoria solo nei seguenti casi:

  1. gli enti e le imprese produttori iniziali di rifiuti speciali pericolosi e gli enti e le imprese produttori iniziali di rifiuti speciali non pericolosi di cui alle lettere c) e d) del comma 3 dell’articolo 184 e di rifiuti speciali non pericolosi da potabilizzazione e altri trattamenti delle acque di cui alla lettera g) del comma 3 dell’articolo 184;
  2. gli altri detentori di rifiuti, quali enti e imprese che raccolgono e trasportano rifiuti o che effettuano operazioni di preparazione per il riutilizzo e di trattamento, recupero e smaltimento, compresi i nuovi produttori e, in caso di trasporto intermodale, i soggetti ai quali sono affidati i rifiuti speciali in attesa della presa in carico degli stessi da parte dell’impresa navale o ferroviaria o dell’impresa che effettua il successivo trasporto ai sensi dell’articolo 188-ter, comma 1, ultimo periodo;
  3. gli intermediari e i commercianti di rifiuti.

Quindi anche la semplice impresa che produce cartucce toner esauste di fatto deve realizzare il proprio deposito temporaneo. Quest’ultimo potrà essere, ad esempio, l’ecobox nel quale le cartucce vengono gettate.

Cosa accade se non rispetto le prescrizioni del deposito temporaneo?

Questa è la domanda più gettonata dalle imprese. Spesso, piuttosto che porsi il problema del perché sia necessario adeguarsi alle normative ambientali ed in materia di sicurezza sul lavoro, si pone l’attenzione su quale sia il rischio al quale ci si espone se non si fa nulla.

Aldilà del fatto che restare fermi in una situazione che è stata dichiarata a rischio non è mai una buona prassi, cogliamo l’occasione per citare la sentenza della corte di cassazione n.17184 del 27 aprile 2016 con la quale si è stabilito che “lo stoccaggio alla rinfusa esclusa ex se la regolarità del deposito e, in ogni caso, il rispetto di tutte le modalità tecniche del deposito costituisce preciso onere di chi lo effettua, in considerazione, della natura eccezionale e derogatoria del deposito temporaneo rispetto alla disciplina ordinaria”

Lasciando al lettore il compito di approfondire la lettura della sentenza scaricando l’apposito pdf, 26ci preme sottolineare che anche la Corte di Cassazione ha ribadito come il deposito temporaneo sia una deroga (quindi una sorta di facilitazione data al produttore dei rifiuti) rispetto alla disciplina ordinaria che richiede sia presenta una autorizzazione allo stoccaggio dei rifiuti.

Proprio in virtù di tale accezione, il produttore dei rifiuti deve essere attento affinché il proprio deposito temporaneo sia rispettoso nei minimi termini della normativa ambientale che abbiamo visto in precedenza.

Il problema non è il tipo di sanzione che può essere comminata all’impresa ( o all’ente essendo anch’egli un produttore di rifiuti speciali), la quale comunque è suscettibile di variazione, nell’importo, a seconda del grado di violazione della normativa, ma è il fatto stesso che sarebbero sufficienti pochi accorgimenti affinché la propria gestione dei rifiuti sia in regola con quanto previsto dalla norma stessa.

Come viene esposto chiaramente nella sentenza della Corte di Cassazione, il semplice stoccaggio alla rinfusa è già di per sé una modalità di gestione del deposito temporaneo erronea e che sotto intende ad una mancata intenzione del produttore di adempiere ai suoi obblighi. Fosse pure l’ignoranza della norma, cosa comunque  non ammessa nel nostro ordinamento, nel caso di specie si evince una mancanza di logicità ed ordine che dovrebbe essere presente nella corretta gestione di un’impresa.

Nel momento in cui smetteremo di pensare ai rifiuti prodotti dalle nostre imprese nella loro accezione negativa di “rifiuti” ed inizieremo a guardarli  come “risorse” che devono essere gestite, apparirà lampante e molto più semplice comprendere come mai anch’essi necessitano della stessa cura che poniamo nella gestione delle materie prime che acquistiamo per la produzione dei nostri beni. Idem dicasi per la tenuta del registro di carico e scarico.

Se pensando un giornale di inventario di magazzino, appare semplice comprendere che questo debba essere sempre aggiornato affinché si abbia una situazione chiara delle merci in ingresso ed in uscita, non si riesce a comprendere come mai per i rifiuti tale filosofia di gestione sia invece bistrattata.

Ci sono dei limiti temporali o volumetrici?

La risposta ce la fornisce il legislatore che ha lasciato al produttore la possibilità di scegliere tra due modalità di gestione del deposito temporaneo. Tale scelta è dettata dalla quantità di rifiuti che vengono prodotti.

Il produttore di rifiuti può optare per l’avvio a recupero/smaltimento dei propri rifiuti con una cadenza trimestrale.

Pertanto i rifiuti non possono “sostare” nel deposito temporaneo per un periodo superiore ai 3 mesi dal momento in cui vengono prodotti ovvero annotati sul registro di carico e scarico rifiuti.

In alternativa, il produttore di rifiuti può decidere di raggruppare i propri rifiuti fino ad un massimo di 30 mc (per intenderci è la volumetria di un cassone scarrabile) di cui solo 10 mc sono riservati ai rifiuti pericolosi. Qualora questo quantitativo non dovesse essere raggiunto ad un anno dalla produzione del rifiuto, i rifiuti dovranno essere comunque avviati a recupero/smaltimento.

La domanda che spesso viene posta è: ma se produco pochi rifiuti posso tenerli in deposito temporaneo fino a quando non diventa conveniente (economicamente) chiamare il trasportatore?

La risposta è chiaramente NO. Abbiamo una indicazione normativa che non fornisce alcuno spazio di interpretazione e come tale deve essere rispettata.

Dove deve essere ubicato?

Grazie alle modifiche normative introdotte di recente, il deposito temporaneo può essere ubicato sull’intera area in cui i rifiuti sono prodotti.

Ciò vuol dire che il deposito temporaneo può non essere unico per l’intera impresa ma ve ne possono essere diversi distribuiti sull’intera area a seconda delle necessità dell’impresa e delle linee di produzione.

Deve essere autorizzato?

Il deposito temporaneo, se gestito secondo le prescrizioni normative non richiede alcuna autorizzazione. Nei casi in cui il produttore dei rifiuti abbia delle necessità di stoccaggio differenti da quelle previste dalla normativa, sarà necessario richiedere una regolare autorizzazione allo stoccaggio dei rifiuti avviando il normale iter autorizzativo.

Se ho un deposito temporaneo sono obbligato alla tenuta del registro di carico e scarico?

Il deposito temporaneo si configura ogni qual volta si producono rifiuti, siano essi pericolosi che non pericolosi.

La tenuta del registro di carico e scarico invece è obbligatoria solo nei seguenti casi:

  1. gli enti e le imprese produttori iniziali di rifiuti speciali pericolosi e gli enti e le imprese produttori iniziali di rifiuti speciali non pericolosi di cui alle lettere c) e d) del comma 3 dell’articolo 184 e di rifiuti speciali non pericolosi da potabilizzazione e altri trattamenti delle acque di cui alla lettera g) del comma 3 dell’articolo 184;
  2. gli altri detentori di rifiuti, quali enti e imprese che raccolgono e trasportano rifiuti o che effettuano operazioni di preparazione per il riutilizzo e di trattamento, recupero e smaltimento, compresi i nuovi produttori e, in caso di trasporto intermodale, i soggetti ai quali sono affidati i rifiuti speciali in attesa della presa in carico degli stessi da parte dell’impresa navale o ferroviaria o dell’impresa che effettua il successivo trasporto ai sensi dell’articolo 188-ter, comma 1, ultimo periodo;
  3. gli intermediari e i commercianti di rifiuti.

Quindi anche la semplice impresa che produce cartucce toner esauste di fatto deve realizzare il proprio deposito temporaneo. Quest’ultimo potrà essere, ad esempio, l’ecobox nel quale le cartucce vengono gettate.

Cosa accade se non rispetto le prescrizioni del deposito temporaneo?

Questa è la domanda più gettonata dalle imprese. Spesso, piuttosto che porsi il problema del perché sia necessario adeguarsi alle normative ambientali ed in materia di sicurezza sul lavoro, si pone l’attenzione su quale sia il rischio al quale ci si espone se non si fa nulla.

Aldilà del fatto che restare fermi in una situazione che è stata dichiarata a rischio non è mai una buona prassi, cogliamo l’occasione per citare la sentenza della corte di cassazione n.17184 del 27 aprile 2016 con la quale si è stabilito che “lo stoccaggio alla rinfusa esclusa ex se la regolarità del deposito e, in ogni caso, il rispetto di tutte le modalità tecniche del deposito costituisce preciso onere di chi lo effettua, in considerazione, della natura eccezionale e derogatoria del deposito temporaneo rispetto alla disciplina ordinaria”

Lasciando al lettore il compito di approfondire la lettura della sentenza scaricando l’apposito pdf, 26ci preme sottolineare che anche la Corte di Cassazione ha ribadito come il deposito temporaneo sia una deroga (quindi una sorta di facilitazione data al produttore dei rifiuti) rispetto alla disciplina ordinaria che richiede sia presenta una autorizzazione allo stoccaggio dei rifiuti.

Proprio in virtù di tale accezione, il produttore dei rifiuti deve essere attento affinché il proprio deposito temporaneo sia rispettoso nei minimi termini della normativa ambientale che abbiamo visto in precedenza.

Il problema non è il tipo di sanzione che può essere comminata all’impresa ( o all’ente essendo anch’egli un produttore di rifiuti speciali), la quale comunque è suscettibile di variazione, nell’importo, a seconda del grado di violazione della normativa, ma è il fatto stesso che sarebbero sufficienti pochi accorgimenti affinché la propria gestione dei rifiuti sia in regola con quanto previsto dalla norma stessa.

Come viene esposto chiaramente nella sentenza della Corte di Cassazione, il semplice stoccaggio alla rinfusa è già di per sé una modalità di gestione del deposito temporaneo erronea e che sotto intende ad una mancata intenzione del produttore di adempiere ai suoi obblighi. Fosse pure l’ignoranza della norma, cosa comunque  non ammessa nel nostro ordinamento, nel caso di specie si evince una mancanza di logicità ed ordine che dovrebbe essere presente nella corretta gestione di un’impresa.

Nel momento in cui smetteremo di pensare ai rifiuti prodotti dalle nostre imprese nella loro accezione negativa di “rifiuti” ed inizieremo a guardarli  come “risorse” che devono essere gestite, apparirà lampante e molto più semplice comprendere come mai anch’essi necessitano della stessa cura che poniamo nella gestione delle materie prime che acquistiamo per la produzione dei nostri beni. Idem dicasi per la tenuta del registro di carico e scarico.

Se pensando un giornale di inventario di magazzino, appare semplice comprendere che questo debba essere sempre aggiornato affinché si abbia una situazione chiara delle merci in ingresso ed in uscita, non si riesce a comprendere come mai per i rifiuti tale filosofia di gestione sia invece bistrattata.

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Vito La Forgia

Vito la Forgia ha conseguito la laurea in Ingegneria Ambientale e del Territorio presso il Politecnico di Bari. E' autore del Manuale: Riciclo e Gestione RAEE. Gestione dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche

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