La crisi economica ancora morde e fa sentire i suoi effetti infausti anche nel settore del riciclo rifiuti.
Lo mostrano i dati dello studio annuale di Fise-Unire, presentato oggi a Roma, che quest’anno cambia nome: dall’Italia del recupero diventa, infatti, Italia del Riciclo.
Il rapporto, che si è avvalso nella sua redazione della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, parla chiaro e sottolinea che la recente crisi dei mercati internazionali ha prodotto un duplice effetto sul settore del riciclo e recupero dei rifiuti: la contrazione in termini assoluti dei quantitativi gestiti e l’accelerazione dello spostamento del baricentro economico verso i Paesi emergenti, soprattutto la Cina.
Il primo effetto viene ricondotto alla flessione della produzione e quindi anche della domanda di materie prime ricavate dai rifiuti; il secondo alla ricerca di nuovi sbocchi di materie prime seconde che, comunque, dal settore del riciclo vengono prodotte, anche se in calo.
Considerando i 6 principali flussi di materiali (rottami ferrosi, alluminio, carta, legno, plastica, vetro) destinati al riciclo alla fine del 2009 si è registrata una consistente flessione dei flussi pari al 24,7% (da 31,88 milioni di tonnellate a 24 milioni di tonnellate).
Una riduzione che si è registrata particolarmente per l’impiego dei rottami ferrosi, che è diminuita di circa 6,7 milioni di tonnellate (-34,4% sul 2008) dovuta principalmente al forte calo della produzione siderurgica. Considerando che quasi la metà (più del 40%) dell’attuale produzione mondiale di acciaio deriva da materiale riciclato è evidente quindi come il crollo dell’economia globale nel biennio 2008-2009 abbia portato anche in Italia come negli altri paesi industrializzati, alla contrazione della domanda e della produzione di prodotti siderurgici, con la conseguente riduzione dei consumi di materie prime e di rottame ferroso.
Anche l’alluminio avviato al riciclo nel 2009 è calato del 27,9%; così come -recita il rapporto – è in calo il riciclo degli altri materiali: del 10,8% quello della carta, del 4,4% quello del legno, del 9,9% quello stimato della plastica e del 3,2% quello del vetro.
Il settore degli imballaggi, in particolare, registra rispetto al 2008 e in termini assoluti, una riduzione del 4% delle quantità avviate al riciclo e la causa è addotta alla diminuzione dei consumi e degli imballaggi utilizzati.
I settori che hanno visto i maggiori valori negativi risultano quelli dell’alluminio e del legno che registrano rispettivamente il -19% e il -16%. Un dato, che preso invece in termini relativi, ovvero il riciclo effettuato rispetto all’immesso al consumo- secondo quanto rilevato dal rapporto-ha fatto registrare un tasso di riciclaggio degli imballaggi in crescita anche nel 2009 rispetto al 2008. L’unica eccezione per l’alluminio che cala anche in termini relativi dello 0,8%
L’impatto della crisi negli ultimi due anni è stato, quindi, rilevante nel comparto del riciclo, anche se – ha commentato il Presidente della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, Edo Ronchi « un settore cruciale della green economy, come quello del riciclo dei rifiuti, non solo regge, ma riesce a fare passi in avanti significativi» riferendosi al fatto che nonostante siano calati i quantitativi trattati in assoluto, tutti i settori (ad eccezione dell’alluminio) hanno visto aumentare le percentuali di riciclo sull’immesso al consumo con risultati, in alcuni casi, vicini all’80% (carta e acciaio).
La domanda interna di materia prima seconda appare però diminuita in tutti i settori stando ai saldi import-export registrati per tutti i materiali.
Fatta eccezione per la carta da macero, l’Italia è ancora importatrice di materiali destinati al riciclo per circa 6 milioni di tonnellate ma il saldo negativo del commercio estero di tali materiali nel 2009 è calato di ben il 60,5%, passando da 6,17 milioni di tonnellate a 2,44 milioni di tonnellate.
In tutti i settori quindi sono ridotte le importazioni e aumentate invece le esportazioni, rivolte soprattutto verso il mercato asiatico, e favorite – dice il rapporto- dai bassi costi di trasporto dei materiali, dall’effetto dumping (in particolar modo in Cina) e in alcuni casi dall’insufficienza dei mercati interni.
Per la carta da macero, di cui l’Italia è divenuta ormai da qualche anno esportatrice netta, si conferma anche per il 2009 una crescita del 23% delle quantità esportate che hanno sfiorato 2 milioni di tonnellate.
«Il settore del recupero dei rifiuti, anche da un punto di vista strategico e di politica industriale, è sempre più un punto di forza dell’economia nazionale» ha evidenziato Corrado Scapino, presidente di Unire.
«Nonostante la contrazione della produzione e della domanda interna, che ha avuto inevitabili riflessi negativi anche sui volumi riciclati – ha continuato Scapino – le raccolte sono in crescita e i tassi di riciclo (già elevati) si avvicinano sempre più ai picchi di eccellenza europei».
Un commento positivo che fa anche Edo Ronchi quando evidenzia che «Questo Rapporto sull’ Italia del riciclo, ci fa vedere che non c’è solo la crisi dei rifiuti di Napoli, ma che esiste ormai in questo Paese una vasta attività di riciclo dei rifiuti che, in non pochi settori, è fra le più avanzate d’Europa».
Ma c’è un ma.
«Per poter compiere quel salto di qualità necessario ad uscire definitivamente dalla crisi- ha sottolineato il presidente di Unire – le aziende devono vedere affiancati i propri sforzi da un reale impegno del Governo per un sistema davvero efficiente sotto diversi aspetti: quello della concorrenza nel mercato (in particolare tra soggetti pubblici e privati), quello della semplificazione delle norme e delle procedure, in una parola, quello della convenienza a investire in tecnologie e rimanere in Italia. Altrimenti si corre il rischio che, come è avvenuto per altri settori economici, anche il riciclo si sposti all’estero, in particolare nelle economie emergenti, sottraendo occupazione e risorse attualmente impiegate nel nostro Paese».
Il rapporto è scaricabile sul sito www.fondazionesvilupposostenibile.org
recupero
EUROPA: ESPORTAZIONE RIFIUTI
Sulla GUUE L250 del 24.9.10 è pubblicato il Regolamento (UE) n. 837/2010 della Commissione, del 23 settembre 2010, che modifica il regolamento (CE) n. 1418/2007 relativo all'esportazione di alcuni rifiuti destinati al recupero verso paesi non appartenenti all'OCSE.
(articolo tratto da http://www.borsarifiuti.com)
Materie prime seconde e sottoprodotti
E’ stata pubblicata ad agosto una nuova norma tecnica, la Uni 10667-1, che riguarda la natura delle materie prime seconde e i sottoprodotti che derivano dalla trasformazione delle materie plastiche. Una norma che potrebbe aprire scenari interessanti per il mercato delle plastiche recuperate in alternativa ai polimeri vergini.
La norma tecnica, come spiega l’Ente nazionale italiano di unificazione Uni, è un documento che specifica nell’ambito della normativa vigente “come fare bene le cose garantendo sicurezza, rispetto per l’ambiente e prestazioni certe.”
Per quando riguarda la Uni 10667-1 la norma classifica le materie plastiche prime-secondarie ottenute da recupero e riciclo di rifiuti di plastica, quindi dal circuito post-consumo, e si riferisce ai sottoprodotti di materie plastiche nonché ai materiali, alle sostanze e agli oggetti di plastica generati da cicli produttivi o di pre-consumo. Sottoprodotti e materiali, questi, che hanno le caratteristiche delle materie plastiche prime-secondarie sin dall’origine (e che nel testo sono indicate come “materie plastiche prime secondarie all’origine”) che l’industria utilizza per la produzione di miscele di materiali e/o di manufatti che vanno poi sul mercato, o che vengono usate per fini diversi.
Una norma tecnica che fa chiarezza, quindi, sulla natura di materie prime seconde e sottoprodotti degli scarti da trasformazione di materie plastiche, senza dover ricorrere ogni volta a requisiti o standard merceologici per decidere se sono da considerarsi rifiuti o sottoprodotti.
La norma è frutto dell’aggiornamento di una precedente norma tecnica -la UNI 10667-1 -pubblicata nel giugno 1998 e aggiornata nel gennaio 2000 – che prevedeva che fossero considerate materie prime seconde quei residui che non contengono più dell’1% di sostanze indesiderate e sono effettivamente avviati ad un reimpiego in un ciclo produttivo.
L’aggiornamento era stato chiesto per fare ulteriore chiarezza sul concetto di materia prima seconda ab origine (ovvero quali fossero da considerare tali) e per inserire la nozione di sottoprodotto, con le specifiche di quando così dovesse essere considerato.
La revisione avviata nel 2009 e approdata con la nuova norma pubblicata in agosto ha consentito quindi di fare chiarezza sul primo punto, equiparando le materie prime secondarie all’origine ai sottoprodotti di cui alla direttiva 2008/98/CE, e di specificare la natura delle materie plastiche prime-secondarie.
La nuova norma UNI definisce quindi “sottoprodotti di materie plastiche e materie plastiche prime-secondarie all’origine” i materiali costituiti da residui, sfridi e scarti industriali plastici pre-consumo derivanti sia dalla produzione sia dalla trasformazione dei polimeri, immessi direttamente sul mercato senza pretrattamenti, salvo l’eventuale macinazione o altre operazioni di riduzione volumetrica per via meccanica. Questi materiali vengono equiparati quindi alle materie originali poiché già rispondono ai requisiti merceologici del settore per essere utilizzati in ulteriori attività di produzione/trasformazione delle materie plastiche.
Vengono poi definiti “materie plastiche prime-secondarie” i materiali derivanti da operazioni di recupero/riciclo di rifiuti di plastica costituiti da una matrice polimerica (polimeri o leghe o miscele di polimeri) e da cariche, pigmenti, additivi e altri polimeri compatibili con la matrice stessa, che si possono presentare anche sotto forma di polvere, granuli, scaglie, agglomerati e densificati, e che possono essere utilizzati per la loro funzione originaria, per riempimento o per ulteriori e diversi fini.
Le attività di aggiornamento e revisione delle norme interessano anche altre parti della UNI 10667 e in particolare alcuni utilizzi di polimeri specifici su cui l’iter è ancora in corso o in via di definizione. Inoltre viene chiarita l’applicabilità delle norme tecniche per quelle materie plastiche che possono essere considerate materie prime secondarie e per le quali non esiste ancora una norma specifica. In questi casi la classificazione può essere eseguita (in accordo tra le parti) prendendo spunto dalle metodologie citate nelle norme esistenti della serie.
Dovranno comunque essere dichiarati (dalle parti) i trattamenti effettuati e dovrà essere determinata la presenza di eventuali impurità o materiali indesiderati in quantità tali da non compromettere il recupero del rifiuto plastico pre e post-consumo.
Futuri Raee
Nel 2003 l’Ue ha vietato l’uso di piombo, mercurio, cadmio, cromo esavalente, bifenili polibromurati (Pbb) ed eteri di difenile polibromurato (Pbde) nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche (Aee) immesse sul mercato dopo il primo luglio 2006. Ha previsto, però anche delle esenzioni a tale divieto (elencate nell’apposito allegato della direttiva 2002/95/CE) – che periodicamente sono esaminate al fine di adeguarle al progresso scientifico e tecnico – proprio perché in alcuni casi non è possibile sostituirle con altre sostanze meno impattanti.
Sulla base del riesame l’Ue ha deciso di ammettere ancora l’utilizzo di piombo, mercurio, cadmio, cromo esavalente, bifenili polibromurati (Pbb) ed eteri di difenile polibromurato (Pbde), dato che la loro eliminazione nelle applicazioni specifiche è ancora impraticabile sotto il profilo scientifico o tecnico. Quindi – con decisione pubblicata sulla Gazzetta ufficiale europea di sabato – l’Ue modifica, l’allegato della direttiva sulla restrizione dell’uso di determinate sostanze pericolose nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche.
Ammettendo che l’eliminazione o la sostituzione parziale dell’uso di mercurio è scientificamente o tecnicamente possibile, riduce il quantitativo di mercurio che può essere utilizzato in alcune applicazioni (ad esempio nelle lampade fluorescenti ad attacco singolo, in quelle lineari e non ad attacco doppio per usi generali, in quelle a catodo freddo e lampade fluorescenti con elettrodo esterno, in quelle a scarica a bassa pressione ecc…).
Per altri usi, invece autorizza l’uso di determinate sostanze, perché è tecnicamente impossibile riparare Aee con pezzi di ricambio diversi da quelli originali. Perciò e unicamente in tali casi, è autorizzato l’utilizzo di pezzi di ricambio contenenti piombo, mercurio, cadmio, cromo esavalente o eteri di difenile polibromurato.
Del resto lo scopo delle disposizioni UE (ossia quelle del 2003) è quello di ravvicinare le legislazioni degli Stati membri sulle restrizioni dell’uso di sostanze pericolose nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche e a contribuire alla tutela della salute umana e al recupero e allo smaltimento ecologicamente corretto dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche.
Tenendo comunque conto della fattibilità tecnica ed economica, la maniera più efficace di garantire una riduzione significativa dei rischi per la salute e l’ambiente legati a queste sostanze è la sostituzione di queste sostanze nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche con materie sicure o più sicure. Dunque, imponendo una restrizione dell’uso di tali sostanze pericolose, probabilmente potrà aumentare la possibilità e la convenienza economica del riciclaggio di rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (Raee). E probabilmente potrà diminuire l’impatto negativo anche sulla salute dei lavoratori degli impianti di riciclaggio.