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Risparmiare sui costi delle analisi chimiche…quanto può costare alla fine?

Quando si sta conducendo un progetto di gestione dei rifiuti presso i produttori e si giunge alla fase delle analisi chimiche da svolgere sui rifiuti, capita spesso che si diffonda il panico nella stanza.

Le domande più frequenti sono:

  • “Ma sono proprio necessarie?”
  • “Ma le abbiamo fatte qualche anno fa”
  • “E’ necessario spendere questi soldi?”
  • “Chi mai verrà a controllare”

Le domande chiaramente sono molte di più ma credo che il problema sia stato inquadrato.

Il problema di tanto panico discende spesso dal non aver messo a budget i costi di gestione dei rifiuti o dal fatto che quel famoso “cugino” ha detto che non sono necessarie. Spesso ci si convince che i costi di gestione siano solo quelli legati al trasporto ed al conferimento in impianto dei rifiuti ed ancor più spesso ci si convince che le proprie responsabilità decadano nel momento in cui si firma un contratto con un intermediario o un trasportatore che si occuperà dell’avvio in impianto dei rifiuti prodotti.

Mi spiace dover deludere tutti i lettori che credevano che avrei dato ragione loro a questo punto dicendo che le analisi si possono sempre evitare. Non è così e nel corso di questo articolo vedremo il perché.

Partiamo dalle basi che ormai tutti conoscete ma che è bene rinfrescare. Il produttore di rifiuti ha degli obblighi ai quali non può esimersi. Uno di questi è la classificazione e la caratterizzazione dei propri rifiuti.

Queste due attività non possono essere delegate, nelle proprie responsabilità, a trasportatori, intermediari ecc.. senza vigilare sull’operato.

Ciò significa che il produttore deve sempre partecipare alle sessioni di classificazione e caratterizzazione in quanto è l’unico profondo conoscitore dei processi produttivi che hanno condotto alla produzione di quel particolare rifiuto.

L’abitudine diffusa dell’attribuire codici CER in maniera arbitraria, ai rifiuti che palesemente ne dovrebbero avere un altro, personalmente mi irrita in quanto denota una cattiva etica da parte del trasportatore o dell’impianto che ha attribuito un particolare codice CER per poter assecondare le autorizzazioni dell’impianto, quale conferisce, o le proprie autorizzazioni al trasporto di rifiuti che magari non prevedono tutti i codici CER.

Di tutta l’erba non se ne può fare un fascio e non tutti gli operatori si comportano in questo modo. Anzi al contrario  ho avuto la fortuna di incontrare operatori che ci mettono impegno e molta serietà in questa fase e chiaramente tutto questo ha un costo.

La classificazione e la caratterizzazione, lo abbiamo detto più volte, sono due processi che ci permettono di giungere all’attribuzione del corretto codice CER ai nostri rifiuti dopo averne esaminato tutte le caratteristiche chimico-fisiche.

Vediamo ora cosa dice il legislatore in merito a queste operazioni.

La classificazione dei rifiuti è disciplinata dal D.Lgs. 152/2006, parte IV allegato D che contiene l’elenco dei rifiuti.

Art. 184

Classificazione

  1. Ai fini dell’attuazione della parte quarta del presente decreto i rifiuti sono classificati, secondo l’origine, in rifiuti urbani e rifiuti speciali e, secondo le caratteristiche di pericolosità, in rifiuti pericolosi e rifiuti non pericolosi.
  2. Sono rifiuti urbani:

a) i rifiuti domestici, anche ingombranti, provenienti da locali e luoghi adibiti ad uso di civile abitazione;

b) i rifiuti non pericolosi provenienti da locali e luoghi adibiti ad usi diversi da quelli di cui alla lettera a), assimilati ai rifiuti urbani per qualità e quantità, ai sensi dell’articolo 198, comma 2, lettera g);

c) i rifiuti provenienti dallo spazzamento delle strade;

d) i rifiuti di qualunque natura o provenienza, giacenti sulle strade ed aree pubbliche o sulle strade ed aree private comunque soggette ad uso pubblico o sulle spiagge marittime e lacuali e sulle rive dei corsi d’acqua;

e) i rifiuti vegetali provenienti da aree verdi, quali giardini, parchi e aree cimiteriali;

f) i rifiuti provenienti da esumazioni ed estumulazioni, nonché gli altri rifiuti provenienti da attività cimiteriale diversi da quelli di cui alle lettere b), c) ed e).

3. Sono rifiuti speciali:

a) i rifiuti da attività agricole e agro-industriali, ai sensi e per gli effetti dell’Art. 2135 c.c.;(*)

b) i rifiuti derivanti dalle attivita’ di demolizione, costruzione, nonche’ i rifiuti che derivano dalle attivita’ di scavo, fermo restando quanto disposto dall’articolo 184-bis(*)

c) i rifiuti da lavorazioni industriali, [fatto salvo quanto previsto dall’articolo 185, comma 1, lettera i);](**)

d) i rifiuti da lavorazioni artigianali;

e) i rifiuti da attività commerciali;

f) i rifiuti da attività di servizio;

g) i rifiuti derivanti dalla attività di recupero e smaltimento di rifiuti, i fanghi prodotti dalla potabilizzazione e da altri trattamenti delle acque e dalla depurazione delle acque reflue e da abbattimento di fumi;

h) i rifiuti derivanti da attività sanitarie;

i) i macchinari e le apparecchiature deteriorati ed obsoleti;

l) i veicoli a motore, rimorchi e simili fuori uso e loro parti;

m) il combustibile derivato da rifiuti;](***)

n) i rifiuti derivati dalle attività di selezione meccanica dei rifiuti solidi urbani.](**)

Le operazioni di classificazione

  1. La classificazione dei rifiuti è effettuata dal produttore assegnando ad essi il competente codice CER, applicando le disposizioni contenute nella decisione 2000/532/CE.
  2. Se un rifiuto è classificato con codice CER pericoloso ‘assoluto’, esso è pericoloso senza alcuna ulteriore specificazione. Le proprietà di pericolo, definite da H1 ad H15, possedute dal rifiuto, devono essere determinate al fine di procedere alla sua gestione.
  3. Se un rifiuto è classificato con codice CER non pericoloso ‘assoluto’, esso è non pericoloso senza ulteriore specificazione.
  4. Se un rifiuto è classificato con codici CER speculari, uno pericoloso ed uno non pericoloso, per stabilire se il rifiuto è pericoloso o non pericoloso debbono essere determinate le proprietà di pericolo che esso possiede. Le indagini da svolgere per determinare le proprietà di pericolo che un rifiuto possiede sono le seguenti:

a) individuare i composti presenti nel rifiuto attraverso: la scheda informativa del produttore; la conoscenza del processo chimico; il campionamento e l’analisi del rifiuto;

b) determinare i pericoli connessi a tali composti attraverso: la normativa europea sulla etichettatura delle sostanze e dei preparati pericolosi; le fonti informative europee ed internazionali; la scheda di sicurezza dei prodotti da cui deriva il rifiuto;

c) stabilire se le concentrazioni dei composti contenuti comportino che il rifiuto presenti delle caratteristiche di pericolo mediante comparazione delle concentrazioni rilevate all’analisi chimica con il limite soglia per le frasi di rischio specifiche dei componenti, ovvero effettuazione dei test per verificare se il rifiuto ha determinate proprietà di pericolo.

5. Se i componenti di un rifiuto sono rilevati dalle analisi chimiche solo in modo aspecifico, e non sono perciò noti i composti specifici che lo costituiscono, per individuare le caratteristiche di pericolo del rifiuto devono essere presi come riferimento i composti peggiori, in applicazione del principio di precauzione.

6. Quando le sostanze presenti in un rifiuto non sono note o non sono determinate con le modalità stabilite nei commi precedenti, ovvero le caratteristiche di pericolo non possono essere determinate, il rifiuto si classifica come pericoloso.

7. La classificazione in ogni caso avviene prima che il rifiuto sia allontanato dal luogo di produzione.

Come si può osservare, il legislatore dice chiaramente al punto 1 che la classificazione è effettuata dal produttore.

Il legislatore continua spiegando le differenze tra rifiuto pericoloso in assoluto, rifiuto non pericoloso in assoluto rifiuto contraddistinto da un codice CER a specchio.

In quest’ultimo caso non si può pensare di attribuire il codice CER non pericoloso semplicemente perché si ha la “sensazione” che il rifiuto sia non pericoloso o perché in questo modo si ha un risparmio sui costi di smaltimento.

Quindi la classificazione forse è un’operazione ben più complessa di quanto potrebbe sembrare ad un primo approccio, in particolare se non si studia a fondo quali sono i processi che hanno generato il rifiuto e quali sono le caratteristiche chimico-fisiche della sostanza o dell’oggetto che si deve avviare a recupero/smaltimento.

Questo studio prende invece il nome di caratterizzazione ossia il produttore deve stilare una carta di identità del proprio rifiuto. Tale carta di identità è la famosa scheda di caratterizzazione che consiglio a tutti i produttori di redigere per ogni singolo rifiuto prodotto e di aggiornarla ogni qual volta sia necessario (variazione dei processi produttivi, variazione delle materie prime coinvolte ecc…).

La caratterizzazione dei rifiuti è un processo tecnico che richiede delle conoscenze approfondite e che effettua le sue indagini a partire dai processi produttivi che hanno generato il rifiuto, quali sono le materie prime coinvolte, studio delle relative schede di sicurezza, analisi dei riferimenti normativi vigenti in materia di sostanze pericolose ecc…

Se fin qui abbiamo riportato i riferimenti di legge, ora introduciamo un ulteriore elemento che dovrebbe far riflettere i produttori prima di chiedersi se le analisi devono essere fatte.

Facciamo quindi riferimento alla Sentenza della Corte di Cassazione n°46897 che vi invito a leggere. La sentenza riguarda il caso di conferimento di rifiuti in un impianto autorizzato allo stoccaggio e trattamento di soli rifiuti non pericolosi. A tali rifiuti era stato attribuito un codice CER non pericoloso e non erano state condotte analisi per verificare la presenza o meno di sostanze pericolose che potessero determinare l’attribuzione del codice CER, a specchio, pericoloso.

Il documento effettua una disamina molto attenta sulla classificazione dei rifiuti e la corretta attribuzione di un codice CER quando esso presenta una voce speculare e sulla necessità (obbligatorietà) di effettuare le analisi chimiche per essere certi che quel rifiuto sia non pericoloso.

Spesso capita che il produttore decida di attribuire, in via prudenziale, il codice CER pericoloso ad un rifiuto con codice CER a specchio, solo per evitare di effettuare le analisi chimiche.

Personalmente non sono concorde su questo comportamento poiché a fronte di una spesa annuale per le analisi si potrebbe avere la certezza che il rifiuto sia non pericoloso e quindi ottenere un risparmio sui costi di conferimento.

Quindi, cercare di risparmiare sulle analisi chimiche potrebbe non essere proprio una bella idea. Come non lo è trovare escamotage per cercare di evitarle. Se conferite i vostri rifiuti in una discarica le analisi saranno obbligatorie, idem se conferiti in impianti che presentano nelle autorizzazioni l’obbligo di richiedere i certificati di analisi ai produttori che conferiscono.

Se grazie al SISTRI è emerso il problema della gestione dei rifiuti nelle imprese (cosa che prima si evitava palesemente) ora è tempo di considerare l’intero sistema di gestione dei rifiuti come normale prassi aziendale. Non classificare correttamente i propri rifiuti espone la vostra azienda a sanzioni in caso di controllo ed in un periodo storico come questo credo che se si possano evitare con una piccola spesa tanto vale farlo.

Quando ad inizio anno predisponete il budget annuale il mio invito è quello di considerare a pieno i costi di gestione dei rifiuti (trasporti, conferimenti, analisi, consulenze) poiché quei soldi non saranno mai spesi inutilmente ma vi metteranno al riparo da sanzioni in caso di controllo ed in molti casi vi permetteranno di risparmiare.

Una corretta gestione dei rifiuti è oggi da intendersi parte integrante delle attività lavorative aziendali e non può più essere considerata una frazione residuale o addirittura un aspetto da trascurare.

Esistono le norme che disciplinano questo settore ed esistono anche le relative sanzioni.

Ogni processo produttivo conduce alla produzione di un bene che viene immesso sul mercato. Esso ha un valore che è la somma non solo delle materie prime utilizzate, della forza lavoro impiegata ma anche dei costi di gestione dei rifiuti che derivano dall’intero processo produttivo.

Se vuoi verificare la correttezza della gestione dei tuoi rifiuti nella tua azienda contattaci per un preventivo gratuito e se la tua azienda ha sede provincia di Bari potrai usufruire di un audit iniziale gratuito.

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Mariano Fabris

Consulente e Resp. Tecnico in Materia di Gestione Rifiuti Cat 1,4,5,8 Preposto per il Trasporto Nazionale e Internazionale su strada di Merci.

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